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La lunga strada verso la manovra dell’anno della pandemia

conte gualtieri manovra

La lunga strada verso la manovra dell’anno della pandemia

Il NADEF (Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza), licenziato dal Governo all’inizio di ottobre, illustra quanto accaduto durante il 2020 in termini di caduta del PIL, di occupazione e finanza pubblica – sul punto è estremamente puntuale e corretto – così come i provvedimenti addottati dal Governo per attutire la caduta del reddito: 100 mld di euro. Il NADEF ha anche il compito di delineare le politiche economiche e finanziarie per il triennio successivo, le quali faranno da cornice alla Legge di Bilancio per il 2021. Sempre nel NADEF sono illustrati i provvedimenti collegati alla Legge di Bilancio senza i quali la stessa Legge di Bilancio sarebbe incompleta; si tratta di 22 Disegni di Legge “collegati”, forse troppi e non sempre coerenti con la cornice legislativa che informa la Legge di Bilancio.

Tra questi segnalo il DDL delega della riforma fiscale, il DDL di riordino della normativa ambientale, il DDL in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, il DDL per il salario minimo e la rappresentanza delle parti sociali nella contrattazione collettiva, il DDL per la revisione degli incentivi alle imprese. Un pacchetto ambizioso che tecnicamente occuperebbe più di una legislatura, ma in tempo di programmazione di medio periodo potrebbe non essere una cattiva idea. Infatti, Next Generation EU, noto come Recovery Fund, impone comunque una programmazione dei fondi europei tra il 2021 e il 2026. Programmare 205 mld di euro, più o meno il 10% del PIL, e metterli a terra è una impresa titanica per una PA che, nel tempo, è diventata anagraficamente più vecchia e limitata in termini di addetti da un lato, e ormai disabituata a programmare dopo le privatizzazioni dei primi anni duemila dall’altra. Le risorse NGEU sono comunque importanti e, in qualche misura, commisurate alla perdita di reddito intervenuto nel 2020. Se poi consideriamo le mission di NGEU (Green New Deal, digitalizzazione e lavoro) è facile osservare che il come e il quanto spendiamo è fondamentale.

Il NADEF ha anche il compito di delineare il quadro macroeconomico tendenziale e programmatico di riferimentoper la predisposizione della Legge di Bilancio, la quale, attraverso maggiori/minore spesa ed entrate, ha il precipuo compito di implementare gli indirizzi di politica economica. 

Delineato il quadro giuridico e tecnico dei provvedimenti finanziari e fiscali, dobbiamo ora rappresentare il quadro macroeconomico di riferimento. Il 2020 è stato a tutti gli effetti un anno orribile; meno 9% di crescita (PIL) non ha precedenti storici e, giustamente, tale caduta necessitava di misure e provvedimenti governativi coerenti e/o adeguati, ma le percentuali a volte traggono in inganno. Sebbene il PIL sia caduto di 160 mld di euro, pari a 9 punti di PIL, le misure adottate dal Governo durante i primi 6 mesi del 2020 sono state pari a 100 mld di euro (sostegno al reddito e ai settori più colpiti da COVID 19 e garanzie pubbliche del “debito” privato che si avvicinano a quasi il 40% del PIL). Più precisamente, la differenza tra la caduta del PIL e le misure del governo è pari a poco meno di 55 mld di euro. Una distanza che prima o poi dovrà essere colmata e, auspicabilmente, attraverso nuovi e aggiuntivi investimenti(Recovery Fund?). 

Di particolare interesse è l’effetto macroeconomico delle misure che il governo adotterà a valere per il 2021, 2022 e 2023. Come si può osservare dalla tavola di cui sotto, le misure che il Governo intende adottare sembrerebbero avere un effetto marginale. Infatti, il PIL tendenziale per il 2021 è pari a 5,1, mentre quello programmatico è pari a 6 punti percentuali; il tasso di disoccupazione passa dal 10,7 percento (tendenziale) al 10,3% (programmatico). Come per il PIL il miglioramento è marginale. 

La crescita contenuta del PIL tra il tendenziale e il programmatico dovrebbe trovare almeno una spiegazione che, però, il Governo non declina. Per strano che possa sembrare, l’indebitamento netto della pubblica amministrazione nel 2021 è significativamente più alto della crescita del PIL, come se ci fosse un moltiplicatore negativo. Certamente l’effetto degli investimenti non sono just in time, occorre almeno un anno di tempo per osservare dei benefici (Sylos Labini), ma negli anni successivi (2022 e 2023) la distanza tra la crescita del PIL tendenziale e quello programmatico si riduce. Evidentemente deve esserci un problema di struttura, ovvero una specializzazione produttiva che genera un valore aggiunto inferiore agli investimenti realizzati. 

Quadro macroeconomico NADEF
Quadro programmatico
 anno 2019anno 2020anno 2021anno 2022anno 2023
PIL0,3-963,82,5
PIL nominale1,2-86,85,13,7
Deflattore del PIL0,91,10,81,31,2
Tasso di disoccupazione109,510,39,58,7
Bilancia partite correnti32,42,52,32,2
Quadro tendenziale
PIL0,3-95,131,8
PIL nominale1,2-85,84,22,8
Deflattore del PIL0,91,10,71,11
Tasso di disoccupazione109,510,710,39,8
Bilancia partite correnti32,42,72,82,8
Nostra elaborazione su dati NADEF

Approfondiamo ora il quadro generale della finanza pubblica.

Il NADEF disegna i saldi di finanza pubblica, sia come valori tendenziali e sia come valori programmatici, e la differenza manifesta il “come e il quanto” della Legge di Bilancio per il 2021. Soprassedendo sulla dinamica dei saldi finanziari (indebitamento netto, saldo primario, interessi passivi, indebitamento strutturale e debito pubblico) per il 2020, condizionati dalla caduta senza precedenti del denominatore, si osserva come nel 2021 l’indebitamento netto cresca dal meno 5,7 (tendenziale) al meno 7%. Sarebbero 20 mld di maggiore spesa ma, come abbiamo vista in precedenza, non sembrano avere un particolare effetto positivo sul PIL. Il debito pubblico, invece, è rivisto al ribasso dopo il picco del 2020 (158%), sia nel riquadro tendenziale e sia in quello programmatico. Sostanzialmente si ridurrebbe di quasi 2,5 punti percentuali, ancorché stupisca come il quadro programmatico “anticipa” il percorso di rientro del debito, indipendentemente dal basso e stabile servizio del debito. Il saldo primario, la differenza tra entrate e uscite al netto del servizio del debito, dopo il picco del meno 7,3% del 2020, nel tempo ritorna positivo (0,1% nel 2021). Certamente il debito pubblico è un tema delicato e l’avanzo primario concorre a ridurre il suo peso, ma programmare un avanzo in soli tre anni è un esercizio audace, e farlo ancor prima che la Commissione Europea definisca il futuro del Patto di Stabilità e Crescita è come rinunciare alla discussione circa la sua rivisitazione. Se è una scelta politica non è dato saperlo, ma inserire almeno l’ipotesi di rivisitazione del Patto Europeo sarebbe opportuno.

Indicatori di finanza pubblica in percentuale del PIL
Quadro programmatico
 anno 2018anno 2019anno 2020anno 2021anno 2022anno 2023
Indebitamento netto-2,2-1,6-10,8-7-4,7-3
Saldo primario1,51,8-7,3-3,7-1,60,1
Interessi passivi3,63,43,53,33,13,1
Indebitamento netto strutturale-2,3-1,9-6,4-5,7-4,7-3,5
Variazione strutturale-0,50,4-4,50,70,91,2
Debito pubblico lordo134,4134,6158155,6153,4151,5
PIL 0,3-963,82,5
Quadro tendenziale
Indebitamento netto-2,2-1,6-10,8-5,7-4,1-3,3
Saldo primario1,51,8-7,3-2,4-0,9-0,1
Interessi passivi3,63,43,53,33,23,2
Indebitamento netto strutturale-2,4-2-6,6-4,2-3,8-3,2
Variazione strutturale-0,50,4-4,52,40,40,5
Debito pubblico lordo134,4134,6158155,8154,3154,1
PIL 0,3-95,131,8

Cosa dobbiamo aspettarci dalla Legge di Bilancio? Sempre che i DDL riescano a farsi strada, il NADEF delinea 4 grandi aree di intervento che, per inciso, non sono interamente sovrapponibili a NGEU. 

Innanzitutto devono essere rifinanziate le cosiddette politiche invariate non coperte dalla legislazione vigente; si devono impegnare nuove risorse per il sostegno all’occupazione e al reddito dei lavoratori; si deve interamente finanziare il taglio del cuneo fiscale, che potrebbe distrarre risorse da altre importanti voci di spesa, e il taglio contributivo al Sud introdotto con il decreto legge di Agosto (2020); deve andare a buon fine la legge delega sulla riforma fiscale, la quale potrà avere un qualche effetto sulla finanza pubblica e/o sulla distribuzione del reddito non prima del 2022. Qualcuno immagina che sia possibile implementarla già nel 2021, ma nemmeno la riforma del 1973 impiegò così poco tempo. Se poi riuscissero a fare tutto questo nel 2021, vorrebbe dire che non si tratta di vera riforma fiscale.

Vedremo come tali indicazioni saranno assunte nella Legge di Bilancio, ma il primo passo è organizzare bene NGEU perché è inaccettabile che una spesa pubblica di un punto di PIL determini una crescita inferiore ad un punto di Pil. Se c’è un problema di struttura lo si affronti in profondità, magari attraverso il presidio pubblico dei settori essenziali, di cui nella NADEF non c’è traccia.

Economista CGIL Lombardia Ho studiato l'industria militare europea e sono stato commissario dell'Agenzia per l'industria militare (agenzia regionale lombarda). Ho lavorato al piano di riconversione industriale (1994-1999). Sono stato assistente del presidente della Commissione Industria Nerio Nesi dal 1996 al 2001. Mi sono occupato di bilancio pubblico, politica industriale; ho partecipato anche alla privatizzazione di aziende pubbliche sotto il controllo del Ministero del Tesoro (ENI, ENEL, IRI, TELECOM). Collaboro alla redazione del quotidiano Il Manifesto; scrivo anche articoli su Valori, Economia e Politica, Sbilanciamoci.info, Moneta e Credito, Economia e Lavoro, World Economic Review. Collaboro con Andrea Fumagalli (Università di Pavia) su temi legati all'evoluzione dell'economia industriale e con Stefano Lucarelli (Università di Bergamo) su paradigmi tecno-economici.

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