Partiti ed Opere Pubbliche negli anni ’80: VI Puntata
“… sors non est aliquid mali, sed res, in humana dubitatione, divinam indicans voluntatem” Sant’Agostino, ps 30, 16, enarr. 2, serm. 2.
1.7. Alcune considerazioni
Se guardiamo ai casi da noi esaminati troviamo delle amministrazioni deboli quale che sia il soggetto forte con il quale entrano in relazione (le PPSS, per es.). A ciò si assomma un’evidente debolezza finanziaria che rende le amministrazioni particolarmente dipendenti. Nei casi di Genova, Torino e Roma il livello comunale viene di fatto compresso da attori politici nazionali che a gradazione diversa e interagendo con il livello locale ne condizionano fortemente l’agire. Una delle possibili spiegazioni è che in assenza di tali attori “forti”, esterni e portatori di risorse aggiuntive, qualsiasi progetto comunale di largo respiro rischia di apparire aleatorio.
È stato possibile verificare lo stesso problema anche a Bologna, nel corso di una ricerca volta a comprendere le modalità comunali di regolazione e di restrizione del traffico privato [Pirré 1993]. Poco dopo la metà degli anni ’80 l’amministrazione comunale di quella città ha adottato un piano generale del traffico (Piano Winkler, dal nome del tecnico che lo ha elaborato) rimasto in gran parte inattuato perché per la realizzazione delle infrastrutture sarebbero state necessarie ingenti risorse finanziarie. Anche a Bologna si è poi sommato un clima di conflittualità politica paralizzante (protagonista soprattutto il PSI) che ha messo in discussione la leadership comunista; anche in questo caso la mancanza di risorse finanziarie sembra costituire un elemento che si aggiunge alle difficoltà intrinseche al sistema politico. Colpisce che in presenza di scarsità di risorse in molte città si è continuato a fare progetti così ambiziosi da essere inattuabili, con la conseguenza che l’effetto annuncio rimane il risultato di maggior rilievo. Queste considerazioni saranno riprese nel Cap. 3.1 (Gli indicatori di policy) in tema di discrezionalità politica.
1.8. Italia ’90[1].
L’impegno del governo italiano per garantire un buon andamento dei mondiali di calcio se si fossero svolti in Italia data dal 1983. Fu il Presidente del Consiglio Craxi, su pressione del gruppo dirigente politico-sportivo di allora, ad inviare una comunicazione ufficiale alla Fifa, l’organizzazione internazionale che amministra e gestisce il calcio internazionale, L’inizio della fase successiva, che vede interessato il governo italiano, si deve soprattutto al gruppo organizzatore dei mondiali. Le richieste di finanziamenti statali per gli stadi giungono, infatti, dopo un esame tecnico ad opera dei tecnici del Col: era maturato un giudizio molto preoccupato sulle cattive condizioni degli impianti e sulle capacità finanziarie di gran parte dei comuni. Alle richieste provenienti dal gruppo organizzatore il Presidente del Consiglio Craxi ed il ministro Capria fecero seguire un comportamento coerente: prima con l’individuazione delle risorse e la predisposizione dello strumento normativo (D.L. n.2\1987) poi con la prudente gestione parlamentare.
Alla Camera il decreto governativo venne ampiamente modificato. Vennero rilevate delle imperfezioni tecniche e, soprattutto, la discrasia tra il titolo (che recitava anche di interventi per strutture di base) e le effettive disponibilità finanziarie. Gli avvenimenti successivi misero in evidenza uno schieramento parlamentare (comune a tutti i partiti) che riuscì a sfruttare l’occasione dell’esigenza del finanziamento per la ristrutturazione degli stadi per far approvare, in aggiunta, la prima legge organica statale in materia di impiantistica sportiva (legge 65\1987). Per la parte relativa ai Mondiali permise di costruire o ristrutturare 12 stadi. A consuntivo la spesa complessiva è stata di circa 1.300 mld: l’84% in più rispetto alle previsioni iniziali.
La vicenda dei decreti sulle infrastrutture ritenute necessarie per lo svolgimento del Campionato ha uno scenario del tutto diverso. In questo caso i Mondiali possono essere considerati strumentali rispetto a strategie che avrebbero voluto imporsi in ogni caso, a prescindere dall’occasione in cui si sono manifestate. Il tema delle carenze infrastrutturali in vista dei mondiali fu assunto come compito primario dal neo-presidente del Consiglio De Mita nella primavera del 1988. Il processo di decisione gestito dal Sottosegretario alla Presidenza on. Misasi prevedeva la gestione governativa delle proposte di opere provenienti da enti pubblici ed enti locali, in parte già programmate; quelle approvate in via definitiva sarebbero state realizzate secondo procedure speciali ed accelerate, controllate e guidate dalla Presidenza del Consiglio.
In poche settimane si arrivò alla presentazione di una tale quantità di ipotetiche opere pubbliche necessarie ai mondiali che diveniva evidente l’estraneità dell’evento sportivo. Furono necessari 3 decreti nell’arco di circa 12 mesi per arrivare al provvedimento definitivo[2]: dall’iniziale previsione di qualche centinaio di mld di spesa (nel 1988, in fase del tutto preliminare) si arrivò a oltre 6 mila mld; più del 40% era di competenza dell’Anas.
La ricerca ha permesso di rilevare una profonda differenza tra l’iter che ha portato alla costruzione e ristrutturazione degli stadi e quello relativo alle infrastrutture. Nel caso degli stadi il gruppo di controllo del processo può essere identificato nel blocco di interessi nazionali e soprattutto internazionali che presiedono alla regolazione del complesso fenomeno del calcio-spettacolo. Uno dei risultati di ciò è stato il particolare privilegio dato a quelle modifiche, anche strutturali, del tutto funzionali allo svolgimento dei mondiali ed una sottovalutazione dei problemi tecnici usualmente posti dall’uso domenicale degli stadi. Sul piano procedurale ed amministrativo si è avuto un controllo formale da parte del Ministero dello Sport, Turismo e Spettacolo ma una sostanziale eterodirezione. Due gli episodi più significativi: 1) la mancata attivazione di una Commissione nazionale (prevista dalla legge presso il Ministero) che avrebbe dovuto vigilare sulle opere di costruzione e ristrutturazione degli stadi; 2) l’insediamento presso lo stesso Ministero di una speciale commissione che ha scelto un sistema teleinformatico da istallarsi negli stadi a spese dello Stato: formalmente tramite gara pubblica ma dall’esito scontato prima ancora dell’inizio dell’iter procedurale[3].
Nel caso delle infrastrutture il dibattito precedente all’approvazione della legge 205\1989, nonché le fasi attuative, hanno messo in rilievo un complesso sistema di interessi pubblici e privati strettamente collegato alla spesa per opere pubbliche. Le ragioni del conflitto riguardavano la centralizzazione decisionale a livello governativo voluta dal Presidente De Mita, più che le decisioni di investimento. Il fatto che il punto di equilibrio sia stato poi raggiunto con il massimo del decentramento possibile con una tendenziale parificazione dei soggetti istituzionali coinvolti confermava l’ipotesi di equilibri fino ad allora vigenti (riguardanti anche i privati) che si sentivano minacciati. Il ruolo dell’Anas merita particolare attenzione. Infatti: a) la formulazione del decreto legge faceva riferimento al particolare favore da concedere ad opere ulteriori a quanto approvato dalle Camere se connesse alla mobilità viaria; b) vi è stata approvazione quasi unanime in Parlamento; c) le varie conferenze di servizio all’unanimità giudicarono le opere ulteriori proposte dall’Anas come strettamente necessarie allo svolgimento dei mondiali; d) una delle norme fortemente voluta a garanzia di equilibrio tra le parti recitava che le decisioni delle conferenze dovevano essere prese all’unanimità. In sede consuntiva è emerso che proprio l’Anas è stata l’ente con un maggior tasso di opere non ultimate. Inoltre, in riferimento all’Anas recenti inchieste giudiziarie hanno messo in rilievo modalità di decisione particolarmente influenzate dai partiti o da soggetti economici a loro vicini, secondo modalità uguali a quelle richiamate da [Sartori 1992]: serbatoio finanziario illegale del sistema dei partiti.
Non è possibile prevedere l’esito delle inchieste giudiziarie in corso, tuttavia, sulla base delle informazioni attualmente disponibili anche di altre inchieste, emerge un contesto di azione abbastanza diffuso su tutto il territorio nazionale per quanto riguarda l’uso delle risorse in materia di opere pubbliche: un mercato fortemente influenzato da interessi partitici ed interpartitici, non solo nel senso di maggior favore accordato ad alcuni soggetti economici ma anche di controllo dei processi di decisione con modalità di acquisizione diretta ed impropria di una quota di risorse finanziarie. In questo contesto le aziende pubbliche svolgono il ruolo di camera di compensazione degli interessi e di composizione dei conflitti. La decisione di spesa tende ad essere sganciata dall’esistenza di un problema di natura urbanistica o di assetto del territorio, visto che il problema cui si tende a dare soluzione è prevalentemente quello di arrivare alla decisione di spesa ed alla sua gestione. Coerentemente con quanto poco sopra proponevamo: l’attività politico-amministrativa sembra caratterizzata spesso da una logica stanziale ed acquisitiva delle risorse piuttosto che finalizzata all’individuazione ed alla soluzione dei problemi.
Bibliografia
Pirré G., 1992- Gli stadi di “Italia ’90”- Il processo decisionale nazionale. in Amministrare n.1.
Pirré G., 1993- Le misure di restrizione e di regolazione del traffico nella città di Bologna (1970\93) – Rapporto di ricerca per il Corep-London School of Economics, su commessa della Comunità Europea in tema di “La città sostenibile”.
Repubblica, 1988- “E Italia ’90 cammina…”, 20 Novembre
Sartori G. 1992- Denaro sporco, denaro pulito- Corriere della sera, 27 Maggio
Note
[1] Per una ricostruzione più dettagliata [Pirré 1992]
[2] Legge n.205, del 29\5\1989- Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 1° aprile 1989, n.121, recante interventi infrastrutturali nelle aree interessate dai campionati mondiali di calcio del 1990.
[3] La Commissione aveva “individuato nel Consorzio STET per Italia ’90 il soggetto avente i prescritti requisiti normativi; … [ed aveva] valutato favorevolmente, da un punto di vista tecnico, il progetto unitario predisposto” dallo stesso Consorzio. La decisione era tutt’altro che sorprendente: nel novembre 1988 (prima che la legge fosse approvata e la Commissione insediata) il presidente della STET, una società finanziaria del gruppo IRI, aveva illustrato ai giornalisti stranieri le caratteristiche delle isole telematiche che la sua società avrebbe realizzato in ogni stadio italiano [Repubblica 1988]). La soluzione predisposta dal Ministro Carraro presentava indubbi vantaggi. Sulla base di una legge dello Stato veniva sottratto ai comuni l’iter procedurale per la scelta dei sistemi teleinformatici garantendo, in via presuntiva, relativa velocità della decisione ed uniformità di scelta. Allo stesso tempo si impediva il sorgere di spiacevoli polemiche circa la preferenza accordata ad uno specifico soggetto economico (come era accaduto pochi mesi prima per un episodio analogo riguardante una ditta privata). Infatti, non solo veniva delegata ad una commissione ministeriale (di varia nomina) la scelta formale ma si istituiva una procedura interna alla pubblica amministrazione (commissione ministeriale\comuni\Cassa DDPP) tale da renderla meno esposta a critiche e polemiche. Il Col ne traeva un vantaggio doppio: si garantivano gli impianti che reputava tecnicamente adatti e assicurava una commessa pubblica ad alcune delle ditte fornitrici\organizzatrici dello stesso Col: la STET, infatti, utilizzava anche tecnologia Olivetti, che era appunto tra le organizzatrici.
[4]Traduz. frase apertura:”Il caso non è un male: è la manifestazione della volontà divina quando l’uomo è indeciso.” Sant’Agostino, ps 30, 16, enarr. 2, serm. 2.
Indice
I Puntata (Premessa; Introduzione: a) Alcuni temi della letteratura; b) I case-study esaminati; Bibliografia; Note).
II Puntata (Capitolo 1. I processi decisionali; 1.1. Genova: le Colombiadi; 1.2. Roma Capitale; Bibliografia; Note).
III Puntata (Capitolo 1. I processi decisionali; 1.3. Palermo: una costa lunga decenni; Bibliografia; Note).
IV Puntata (Capitolo 1. I processi decisionali; 1.4. Torino: Il Palazzo di Giustizia; 1.4.1. Alcune comparazioni tra il caso torinese e quello palermitano; Bibliografia; Note).
V Puntata (Capitolo 1. I processi decisionali; 1.5. Lo stadio di Cagliari; 1.6. Firenze: il caso Fiat- La Fondiaria; Bibliografia; Note).
VI Puntata (Capitolo 1. I processi decisionali; 1.7. Alcune Considerazioni; 1.8. Italia ’90; Bibliografia; Note).
VII Puntata (Capitolo 2. Uno sguardo di sintesi; 2.1. Le caratteristiche dell’Area di Policy; 2.1.1. Aziende Pubbliche e PPSS; Bibliografia; Note)
VIII Puntata (Capitolo 2. Uno sguardo di sintesi; 2.1.2. La Società Civile; 2.1.3. I Partiti; 2.2.Politica, Economia, Identità Sociale; Bibliografia; Note)
IX Puntata (Capitolo 2. Uno sguardo di sintesi; 2.3. Politica, Mercato, Pubblica Amministrazione; Bibliografia; Note)
X Puntata (Capitolo 3. A futura memoria; 3.1. Gli indicatori di policy: a) il mercato, b) la pubblica amministrazione, c) la discrezionalità politica; 3.2. Alcune questioni di metodo: a) il sistema oppositivo, b) universo convenzionale; Bibliografia; Note)
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