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Il nuovo umanesimo di Joseph Ratzinger: una critica radicale al neoliberismo

Ratzinger

Il nuovo umanesimo di Joseph Ratzinger: una critica radicale al neoliberismo

Con il capitolo dedicato al pensiero economico di Joseph Ratzinger il dossier sul rapporto tra la Chiesa cattolica e l’economia nel mondo segnato dalla rivoluzione neoliberista, dalla globalizzazione e dall’ascesa dilagante di problematiche di portata globale. Dei tre papi alternatisi nell’ultimo quarantennio Benedetto XVI è stato quello meno esposto mediaticamente e sotto il profilo comunicativo, ma anche il pontefice in grado di rafforzare con maggior forza la critica della Chiesa agli eccessi della modernità.

Un teologo riservato, schivo, dalla profonda saggezza; uno studioso intento a indagare le profondità dell’Assoluto, a cogliere l’impronta dell’azione di Dio nella storia, ma anche a confrontarsi con curiosità con l’avanzamento della cultura secolare, della scienza, del loro rapporto con la religione cattolica in un’Europa sempre più laica; infine, un Papa caratterizzatosi fin dall’inizio come un difensore del perimetro valoriale, culturale e sociale della Chiesa cattolica, come un uomo di governo restio ai grandi gesti mediatici, prima che la mossa senza precedenti contemporanei delle dimissioni annunciate nel febbraio 2013 lo facesse entrare nei libri di storia. Joseph Ratzinger, prima e dopo l’ascesa al soglio pontificio col nome di Benedetto XVI, è sempre stato un uomo dalla grande coerenza valoriale, connotato da un acume intellettuale e da uno spirito critico che hanno avuto pochi eguali nel panorama culturale europeo contemporaneo.

Non stupisce, di conseguenza, che il ragionamento di Ratzinger si sia più volte concentrato sulle dinamiche politiche, sociali ed economiche del mondo a lui contemporaneo. Nei suoi scritti, nelle sue omelie e nei suoi discorsi il teologo bavarese non ha mai mancato di affrontare le grandi questioni dello sviluppo umano, del rapporto tra l’uomo e il lavoro, degli eccessi della modernità capitalistica. Il corpus della visione sociale di Ratzinger è intuibile già dagli scritti in tema del predecessore Giovanni Paolo II, che risentono del profondo lavoro di analisi ed elaborazione compiuti dall’allora fidato braccio destro del pontefice polacco. Inattuale, graffiante e preciso nell’uso di termini e concetti Ratzinger “si è rivelato come una voce totalmente nuova nella cultura moderna, parlando con chiarezza e profondità enormi dell’umanità in un mondo che cerca di vivere senza Cristo[1] ma anche dando forma prima e amplificando poi la dura critica della Chiesa alle conseguenze materiali del modernismo, al primato dell’economicismo e dell’individualismo sulle istituzioni sociali nella Res Publica Christianorum, a una lettura superficiale dei grandi fenomeni planetari, dal sottosviluppo alle migrazioni.

In questo contesto, il concetto chiave è quello di “nuovo umanesimo”, la dottrina sociale maggiormente difesa dal Ratzinger teologo e dal Ratzinger papa[2]. Convinto assertore del rapporto dialettico necessario tra Fede e Ragione, Benedetto XVI ha indicato sempre nell’uomo il fine dell’azione evangelizzatrice e del ragionamento della dottrina sociale della Chiesa. Da questo punto di vista, attraverso il suo contributo la dottrina sociale si è arricchita sul versante della tutela della centralità dell’essere umano nel processo produttivo, nel rifiuto dell’accumulazione capitalistica a spese dei diritti e degli spazi d’azione dell’uomo, dell’opposizione della logica del dono, della carità e della gratuità alle logiche dominanti nell’economia globalizzata, nella difesa della funzione sociale del lavoro.

Summa di questa complessa visione è l’enciclica Caritas in veritate, pubblicata nel 2009, definibile senza alcuna remora una delle opere più fondamentali per l’evoluzione del pensiero economico nel XXI secolo. La Caritas in veritate affonda le proprie radici nel magistero di Papa Paolo VI, in particolare nella lettera enciclica Populorum Progressio, pubblicata immediatamente dopo la conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, in cui il pontefice bresciano sottolineava che “lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fino a comprendere l’umanità intera”. Nuovo umanesimo e sviluppo integrale si coniugano nella visione organica di Ratzinger, la cui originalità si manifesta ancora di più nel richiamo tra alla dimensione antropologica e teologica dei problemi che l’umanità si trova ad affrontare, rifiutando il nichilismo e la logica del there is no alternative nel contesto di un mondo, soprattutto europeo, che vedeva il tramonto dei punti di riferimento culturali, religiosi, ideologici e, di conseguenza, un appannamento del loro ruolo di Stella Polare per la costruzione di proposte a tutto campo per risolvere le questioni sociali[3].

Nell’Introduzione all’enciclica (qui consultabile integralmente), Benedetto XVI ricorda che “la carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa”. D’altro canto, dato “il rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto etico”, va coniugata con la verità. E avverte: “Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali” (1-4) Lo sviluppo ha bisogno della verità. Senza di essa, afferma il Pontefice, “l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società”.

Quali verità? In primo luogo, l’affermazione, dirompente e preponderante, che la logica del profitto fine a sé stessa è rovinosa per gli ordinamenti sociali. Essa, “senza il bene comune come fine ultimo – osserva – rischia di distruggere ricchezza e creare povertà”, fattispecie ancor più grave in un mondo “policentrico […] Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità”. Parole durissime nel contesto della Grande Crisi iniziata nei salotti della finanza speculativa di New York tra il 2007 e il 2008.

In secondo luogo, l’attestazione della pluralità delle vie economiche che l’umanità ha a disposizione. Ratzinger per la prima volta nella storia della dottrina sociale condanna con fermezza una forma di capitalismo ma concentra, a più riprese, la sua enfasi sulla figura dell’impresa e dell’imprenditore, valorizzati come creatori del lavoro fonte di nobilitazione dell’uomo ma mai ridotti a soggetti intenti alla ricerca esclusiva del profitto. La distinzione delle imprese cooperative, delle imprese sociali e delle no profit si accompagna alla condanna netta e decisa del modus operandi seguito a più riprese da buona parte dei grandi gruppi multinazionali: prima i profitti ad ogni costo, anche violando principi e diritti umani fondamentali, poi dopo la filantropia. Secondo lo storico ed economista Giulio Sapelli “la Caritas in veritate indica che ci può essere una formazione economico-sociale oltre al capitalismo, che mi sembra non abbia dato buone prove di sé in questi ultimi decenni”. L’accademico torinese ha ricordato il contributo essenziale dato da Ratzinger al pensiero economico, dato che dall’alto del suo ruolo pontificale Benedetto XVI “ha denunciato la finanza fine a se stessa, la speculazione, la disoccupazione. La Caritas in veritate è animata da un vero e proprio atto d’accusa contro l’accumulazione capitalistica e il profitto fine a sè stesso[4]”.

Infine, con la coerenza con la dottrina evangelica propria del suo pensiero, Ratzinger afferma con forza dirompente l’ineludibilità del passaggio a una “logica del dono” in risposta agli egoismi, gli individualismi e le asimmetrie dell’era contemporanea. In nessuna altra enciclica è mai stato dato al principio di fraternità una valenza sul piano economico e sociale: la fraternità nega radicalmente il calcolo utilitaristico, l’atomizzazione sociale, le radici ideologiche e economiche del mainstream neoliberista, afferma che la Chiesa e la dottrina sociale hanno ancora molto da affermare, valorizza l’uomo al centro del sistema produttivo.

Nella Caritas in veritate c’è tutto Ratzinger: profondità teologica, attenzione ai problemi della modernità, riflessioni sui valori più profondi, estrema concretezza. Documento lungo e denso, parla dall’inizio alla fine di amore, di verità, di senso di responsabilità: non propone soluzioni tecniche ma quadri interpretativi per evitare illusioni rovinose. L’umiltà del teologo capace di restare, fermo ma cordiale, aperto al dialogo anche di fronte al ragionamento sugli assoluti traspare da un testo estremamente innovativo, di cui la Laudato Sì di Francesco rappresenta il successivo complemento.

L’approccio originale del papa tedesco si applica con decisione al ragionamento su grandi temi della modernità. Prendiamo ad esempio la questione delle migrazioni.  Mentre l’ideologia economica dominante sostiene pervicacemente l’abbattimento delle barriere e la libera circolazione incondizionata per merci e capitali, il movimento del fattore fondamentale dell’economia stessa, l’uomo, è molto spesso forzato, frutto di costrizione o figlio della disperazione e, al tempo stesso, sfruttato, ostacolato e complicato da una miriade di fattori, dall’odiosa pratica della tratta di esseri umani alla speculazione politica compiuta sulla pelle di immigrati reali o potenziali. Un processo che riduce, sostanzialmente, l’uomo a merce. Nell’ottobre 2012, pochi mesi prima della storica rinuncia al soglio pontificio, Benedetto XVI si espresse in maniera significativa definendo l’emigrazione un “pellegrinaggio di fede e di speranza” destinato molto spesso a risolversi in tragedia, per colpa “del traffico di essere umani, della povertà e dell’esclusione sociale di cui sono oggetto i nuovi arrivati, soprattutto se donne e bambini”.

La visione neo-umanista e il discorso sullo sviluppo integrale degli uomini e dei popoli ritornano nell’approccio di Ratzinger alle migrazioni. Rivolgendosi ai governanti dei Paesi recettori di migranti, Ratzinger si dichiarò favorevole a pratiche di gestione dei flussi che non si risolvessero né nella chiusura indiscriminata né in un simulacro di apertura che fosse presupposto di sradicamento, evidenziando poi l’importanza del “diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra”. Altrimenti, “invece di un pellegrinaggio animato dalla fiducia, dalla fede e dalla speranza, migrare diventa un ‘calvario’ per la sopravvivenza, dove uomini e donne appaiono più vittime che autori e responsabili della loro vicenda migratoria”. Il “diritto a non emigrare” è, in sostanza, il diritto per i potenziali migranti e i loro Paesi di provenienza a un rispetto completo, a trecentosessanta gradi, capace di prevenire il loro stato di indigenza prima ancora che di limitarne le conseguenze. È umanesimo allo stato puro nel contesto di una chiara e lucida lettura delle grandi problematiche del mondo globalizzato.

Il contributo di Ratzinger alla dottrina sociale porta con sé l’attestazione di una grande responsabilità per la Chiesa cattolica e gli agenti politici ed economici ispirati dal suo pensiero. Nel quadro della lettura ratzingeriana, che si inserisce in decenni di sviluppi e ragionamenti, l’economia contemporanea rischia di privare l’uomo della sua centralità nel creato, nell’azione sociale e nello sviluppo integrale delle comunità. Compito dell’uomo è proteggere tale centralità e l’impostazione valoriale, di matrice cattolica, che la nobilita. Da qui il discorso sul rifiuto del profitto fine a sé stesso e sulla negazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, della sua trasformazione in merce. Papa Benedetto XVI è in fin dei conti salito in cattedra contro le conseguenze più nefaste del neoliberismo. Ribadendo l’alterità con questa ideologia della dottrina cattolica.

2 – continua

  1. La battaglia di Giovanni Paolo II contro le “manifestazioni degenerate” del capitalismo
  2. Il nuovo umanesimo di Joseph Ratzinger: una critica radicale al neoliberismo

[1] John Waters, Ratzinger nelle rovine della civiltà occidentale, Il Foglio, 20 maggio 2020.

[2] Sul tema si consiglia il testo Lorenzo Leuzi (a cura di), Una nuova cultura per un nuovo umanesimo. I grandi discorsi di Benedetto XVI, Libera Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011.

[3] Giacomo Galeazzi, Ratzinger: “In Europa crisi dell’uomo prima che delle istituzioni”, In Terris, 1 novembre 2019.

[4] Giulio Sapelli, Ratzinger, il Papa che ha guardato oltre il capitalismo, intervista a Vita.it, 14 febbraio 2013.

Bresciano classe 1994, si è formato studiando alla Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali della Statale di Milano. Dopo la laurea triennale in Economia e Management nel 2017 ha conseguito la laurea magistrale in Economics and Political Science nel 2019. Attualmente è analista geopolitico ed economico per "Inside Over" e "Kritica Economica" e svolge attività di ricerca presso il CISINT - Centro Italia di Strategia e Intelligence.

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