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Il Racconto del Potere III Puntata- L’egemonia culturale

Il Racconto del Potere III Puntata- L’egemonia culturale

Sul Forum Leggere e Scrivere leggevo qualche volta interventi che lamentavano l'”egemonia culturale della sinistra”, ignorando decenni di storia italiana ed europea. Proposi un’interpretazione differente.

L’egemonia culturale 

(Forum Leggere e Scrivere; 12 Aprile 2012)

Nel 1999 in Gran Bretagna e l’anno successivo negli USA, viene pubblicato The Cultural Cold War: The CIA and the World of Arts and Letters di una giornalista inglese, Frances Saunders. In Italia sarà edito nel 2007 da Fazi (Gli intellettuali e la CIA. La strategia della guerra fredda culturale) con una Prefazione di Giovanni Fasanella

Il libro è aggiornato al 1967 perché i documenti successivi erano ancora segreti: da quelli desecretati apprendiamo che per contrastare l’offensiva culturale sovietica, insieme ed accanto alle reti di Stay Behind (in Italia Gladio) si sono finanziati opinion leader, giornalisti, riviste, intellettuali fin dagli anni ’40: “La nostra è la battaglia per conquistare le menti e la volontà degli uomini … L’uso pianificato della propaganda e di altre attività… per comunicare idee e informazioni come mezzo per esercitare influenza su opinioni, atteggiamenti, emozioni e comportamenti di gruppi stranieri al fine di favorire il conseguimento di obbiettivi nazionali [statunitensi].”

L’edizione italiana del libro della Saunders pubblica documenti ulteriori che si riferiscono a nostri concittadini ed a vari Istituti culturali e riviste. La scheda editoriale che si può leggere su IBS.it è abbastanza tranchant e fa riferimento anche ad Ignazio Silone: “… la CIA non risparmiò né uomini né mezzi finanziari … un’imponente campagna occulta che fece di alcuni fra i più illustri esponenti della libertà intellettuale dell’Occidente meri strumenti del governo americano.”

Fasanella, che ricorda di essere stato elettore del PCI, fa un paio di osservazioni: 1) rileva che molti dei finanziati erano genericamente progressisti e che alcuni sarebbero poi diventati “indipendenti di sinistra” eletti nelle liste del PCI; 2) osserva la totale opacità dell’operazione della CIA che, teme, possa essere tuttora in corso. 

Anche le reti europee di Stay Behind, che hanno avuto gli stessi ispiratori della “guerra culturale” secondo alcuni sono tuttora attive: l’ex ambasciatore USA in Italia, Richard Gardner, il 27.11.2009 in un servizio su History Channel (un canale satellitare di SKY) chiedeva ai “gladiatori” in attività di evitare azioni (?) che avrebbero potuto danneggiare l’immagine degli USA all’estero.

Quello di Gardner era un intervento irrituale. In via del tutto ipotetica pensai che fosse dovuto all’attivismo del Presidente Giorgio Napolitano, in buoni rapporti con l’ex ambasciatore fin dagli anni ’70; ricordavo anche che pochi giorni dopo la sua elezione nel maggio del 2006, il vice presidente USA Dick Cheney era a Roma per incontrarlo, segno di prestigio internazionale. Ma nel 2008 era stato eletto un nuovo Presidente, il Democratico Barack Obama: aveva avuto un ruolo nel rivelare un network clandestino residuo della Guerra Fredda? E allora perché non servirsi dei canali di comunicazione interni?

Gli USA sono stati molto attivi nel difendere i loro interessi, anche con mezzi piuttosto sbrigativi. Marco Pivato (Il Miracolo Scippato. Le quattro occasioni sprecate della scienza italiana negli anni Sessanta. Donzelli 2011) ci racconta come l’Italia sia stata indotta a rinunciare, a favore degli USA, di importanti e talvolta decisive innovazioni produttive ed industriali: lo sviluppo dei Personal Computer (Olivetti), una autonoma industria petrolifera (il caso Mattei), un’industria nucleare (il caso Ippolito), una farmacologia di prima classe (il caso Marotta).

Quello che colpisce è una sorta di letargia dell’informazione italiana. Nel 2009, mentre in Italia si cominciava a parlare diffusamente delle donnine di Berlusconi (ma Giorgio Bocca ne aveva parlato già nel 1985) gli USA decidevano di far diventare Sigonella (base USA in Sicilia) la piattaforma di intercettazione e sorveglianza più importante al di fuori degli Stati Uniti (obbiettivo tre continenti: Europa, Asia, Africa). Per quello che ricordo, ne parlarono solo La Stampa ed il Manifesto. In compenso, trovò grande spazio l’ipotesi degli extraterrestri quando si trattò di spiegare strani corto circuiti e relativi incendi sulle coste tirreniche della Sicilia.

Inutilmente erano intervenuti sia il fisico e matematico Tullio Regge (La Stampa, 10.02.2004) sia l’Ammiraglio Fulvio Martini, già Direttore del Sismi, a ricordare la presenza in quella zona di radar molto potenti della rete Echelon, della quale esisteva anche una versione italiana. Firmandomi “Britannico” ho avuto anche uno scambio di email con il giornalista del Corriere della Sera Flavio Vanetti che, tra il serio ed il faceto, tiene un Blog sugli extraterrestri: Mistero Bufo. In anni più recenti si è accertato che una parte dei fenomeni erano dovuti all’azione dolosa di persone alla ricerca di una qualche forma di risarcimento economico. Rimasero senza spiegazione i fenomeni dei primi mesi. Non furono i soli. Negli anni successivi per un paio di volte molti orologi elettrici siciliani ebbero comportamenti anomali ed ancora più anomala fu la dichiarazione di uno sconosciuto ingegnere che in televisione li spiegò come il risultato del malfunzionamento della rete elettrica dell’ENEL: qualche giornalista cercò di saperne di più ma senza successo. Si può aggiungere l’istallazione vicino Niscemi (CL)  di una delle quattro stazioni terrestri del MUOS, sistema di comunicazioni militari statunitensi (le altre sono: nel deserto del Nevada, in un isoletta del pacifico, in un deserto dell’Australia): le pagine dei giornali diedero risalto solo alle apparizioni di un disco volante.

Sappiamo che funzionano agenzie di disinformazione abbastanza efficienti, capaci di condizionare giornali e telegiornali in tutto il mondo. Di una di queste ha parlato Matteo Persivale sul Corriere dell’11.08.2002: “Rendon, mago targato Cia della propaganda anti-rais”. L’Afghanistan era stato invaso da qualche mese e si preparava l’invasione dell’Iraq. L’agenzia Rendon in quei giorni era in piena attività come lo era stata durante la prima guerra del Golfo nel 1990-91, quando aveva inventato la famosa foto del gabbiano morente intriso di petrolio irakeno dimenticando che in quella stagione a quelle latitudini i gabbiani non potevano esserci. Quello che stava succedendo lo abbiamo appreso negli anni successivi: si inventò di sana pianta la storia delle armi di distruzione di massa (gli alleati italiani diedero il loro valido contributo) per creare un clima favorevole all’attacco del 2003. Qualche particolare di questa specifica vicenda, e molto altro, lo si può trovare in: Aldo Giannuli. Come funzionano i servizi segreti. Dalla tradizione dello spionaggio alle guerre non convenzionali del prossimo futuro. Ponte alle Grazie. 2009.

Per quel che riguarda l’Afghanistan il 20.08.2002 sul New York Times si poteva leggere qualcosa di interessante. Jeffrey Goldfarb, stimato docente statunitense della New School for Social Research, esperto di processi di democratizzazione, interveniva spiegando che la strategia messa in atto era diversa da quella propagandata, adombrando che i motivi dell’invasione erano diversi da quelli asseriti pubblicamente. Il titolo era chiaro: “Losing Our Best Allies in the War on Terror”. Penso che se l’articolo di Goldfarb fosse stato pubblicato in Italia l’autore sarebbe stato accusato di collaborare con i Nemici della Democrazia.

Nel 2005 Giulio Andreotti, commentando criticamente in Senato la partecipazione italiana alle missioni internazionali, rilevava che in quella regione la produzione ed il traffico di oppio erano molto aumentati e si chiedeva quale fosse stato il ruolo di Bin Laden: “… mi chiedo se quando si è distolto dalla dolce vita a Londra Bin Laden per fare il crociato e andare a liberare l’Afghanistan, dietro non ci fosse [il] narcotraffico”. Alcuni commentatori erano dell’avviso che la strategia USA era soprattutto geopolitica: il terrorismo solo una cortina fumogena, Iraq e Afghanistan diventavano i bastioni di contenimento dell’espansione cinese.

In quei mesi ho trovato interessante leggere gli articoli di autorevoli commentatori su varie autorevoli testate italiane che ripetevano più o meno argomenti identici, del tutto simili ad altri articoli di autorevoli commentatori di altre autorevoli testate in giro per il mondo. Come se la traccia degli articoli fosse stata unica. In più, in Italia avevamo (abbiamo) un gruppo televisivo privato che si distingueva per una certa aggressività nei confronti di chi aveva pareri difformi: da quello del Presidente del Consiglio allora in carica che, già membro della P2, secondo alcuni collaboratori di giustizia poté godere per quelle TV di ingenti investimenti mafiosi alla fine degli anni ’70. La stessa RAI si avviava ad espellere giornalisti e comici (!).

Come si è arrivati ad un sistema informativo e pubblicitario (TV, editoria, informazione periodica) condizionato da un unico soggetto imprenditoriale? Qualcosa si capisce leggendo un articolo pubblicato il 22.03.2012 su Dagospia. Fonte delle notizie è un’inchiesta della magistratura successiva alla morte di Maria Angiolillo vedova del Senatore Renato Angiolillo. L’allora proprietario e direttore de Il Tempo [Renato Angiolillo], in stretto contatto con la CIA fin dagli anni ’40, aveva tentato più volte di iniziare anche un’attività editoriale televisiva per contrastare il monopolio RAI. Non ci riuscì. Ma fu questione di tempo: “Renato Angiolillo, plenipotenziario in Italia degli USA e del Vaticano, gettava così le basi per la TV commerciale made in Italy e Silvio Berlusconi, dopo circa vent’anni, ne diventava il re incontrastato anche grazie ai saggi e preziosi consigli dispensati dal caro amico Gianni Letta, collaboratore fedelissimo di Angiolillo e depositario di tutti i suoi segreti imprenditoriali e oltreoceano.”

Negli USA Oliver Stone ha fatto film quasi sempre adeguati e talvolta ottimi. Ne ricordo quattro: Salvador (1986) sull’uccisione dell’Arcivescovo RomeroWall Street (1987) sul mondo della finanza speculativa, Platoon (1988) sulla guerra in Vietnam, Snowden (2106) sul consulente della CIA che ha svelato le tecniche e le pratiche della National Security Agency (NSA). Quest’ultimo ha avuto pochissima fortuna economica; si basa su una rigorosa documentazione ed ha il pregio di raccontare una storia che molti vorrebbero far dimenticare. Nelle settimane successive alle rivelazioni di Snowden l’Espresso pubblicò una serie di articoli su due ex agenti della NSA (Thomas Drake e Bill Binney) che, spaventati dalla deriva del controllo globale, ne avevano parlato ad organi di informazione statunitensi e per questo erano sotto processo. Fino ad allora l’argomento, pur conosciuto, era passato quasi inosservato in Italia e all’estero. La pubblicazione dei documenti segreti ad opera di Snowden fece venire l’orticaria a molti, compresi prestigiosi editorialisti ospiti regolari di prestigiosi quotidiani. Proprio a seguito di un articolo pubblicato su Repubblica, che lo riprendeva dal New York Times, decisi di dire la mia.

L’Inquisitore

 (Forum Leggere e Scrivere, 14.06.2013)

David Brooks è uno dei Columnist più importanti del New York Times. Pochi giorni fa è intervenuto su Snowden, l’esperto informatico che ha rivelato, con più dettagli, quello che si sapeva: e cioè che gli USA raccolgono informazioni su tutto e su tutti, le conservano e poi al momento opportuno le usano. Per cosa? Per combattere i terroristi che minacciano gli USA, ovviamente. Per favore, controlliamo? Non si può: è segreto di Stato. Ecco, appunto.

L’intervento di Brooks è una delle cose più interessanti che ho avuto modo di leggere recentemente. Date un’occhiata all’originale. È stato pubblicato anche su Repubblica ma secondo me la traduzione non rende il flavor che, invece, è da studiare nelle sue sfumature.

Faccio il riassunto dei contenuti del testo che ha un forte sapore paternalistico nei confronti del traditore sconsiderato: 1) minaccia di emarginazione sociale (o peggio) per chi volesse imitarlo; 2) diagnosi clinica di asocialità basata sui suoi comportamenti: non ha finito il college, ha cambiato tre volte lavoro, non va a casa della madre molto spesso, è stato un po’ brusco con un vicino di casa che lo andava a trovare per la prima volta; 3) condanna del suo rifiuto di avere fiducia nelle organizzazioni esistenti, inferendone un suo rifiuto di tutte le Istitutions che contano (la famiglia, la religione, la comunità, lo Stato); 4) essere causa di un ulteriore innalzamento delle barriere del segreto di Stato e del prevedibile futuro restringimento delle possibilità di dibattito democratico; 5) essere causa di peggiori intrusioni nella privacy: se le agenzie non potranno immagazzinare i metadati, registreranno le telefonate; 6)  essere egoista, perché ha anteposto le sue “preferences” alle regole delle istituzioni statunitensi; 7) soprattutto, è apparso “…oblivious to his betrayals and toward the damage he has done to social arrangements and the invisible bonds that hold them together.”

L’andamento logico è del tutto simile a quello delle requisitorie contro gli eretici nei Tribunali dell’Inquisizione Spagnola di 500 anni fa.

La rete Echelon per la sorveglianza globale cominciò a diventare un problema diplomatico quando alcune ditte francesi persero appalti in Brasile a favore di alcune ditte statunitensi. Si scoprì che, tramite le intercettazioni, le agenzie federali USA erano riuscite a passare le informazioni giuste alle ditte dei loro connazionali rivelando i termini delle offerte segrete delle ditte concorrenti, parificate a terroristi. Ci fu anche un’inchiesta del Parlamento Europeo ma secondo la BBC ancora al maggio 2001 “the US Government still refuses to admit that Echelon even exists.” 

La strategia della Negazione assume caratteristiche varie. Per es. si può ostacolare la circolazione di una serie televisiva o di un film. Ecco un post che faceva seguito ad alcuni miei interventi sul ruolo dei servizi segreti durante la Guerra Fredda. Il titolo era il frutto di un gioco linguistico che chiarirò nella prossima puntata.

Esorcismi per fiction (1 e 2)

(Forum Leggere e Scrivere, 14 e 15 Marzo 2009)

Quello descritto nei post precedenti era come un grande e pericoloso gioco di specchi, di fantasmi, di matrioske. A livello internazionale aveva degli ottimi comprimari nei sovietici, maestri a loro volta nel seminare dubbi e far vedere fantasmi. Il “gioco di specchi e di matrioske” richiama alla mente i romanzi di le Carré, che certo aveva informazioni dirette, provenendo dagli ambienti dell’intelligence britannica. Ma abbiamo anche un lavoro più recente scritto da un suo estimatore, lo statunitense Robert LittellThe Company. Penguin Press 2002, pubblicato in italiano da Mondadori (The Company – Il grande romanzo della CIA. 2004) scritto dopo la fine della guerra fredda e basato su documenti storici. L’autore, ex giornalista di Newsweek, è un esperto del genere.

“The Company” è stato uno dei best-seller del New York Times e, secondo le recensioni riportate sul sito di Amazon.com, rischia di “rimanere nella memoria dei lettori negli anni a venire”. Mi pare che in Italia abbia avuto scarsa attenzione. Il pezzo migliore, sul Corriere, ha un titolo rivelatore: “C’era una volta l’Impero del Bene” (11.02.2004) di Ranieri Polese che è andato a trovare Littell in Spagna, dove vive. Ne è stata tratta una miniserie televisiva, trasmessa in USA nel 2007. È interessante ed ha avuto un buon successo di critica e di pubblico. C’è un ottimo Michael Keaton nel ruolo del mitico James Angleton, ossessionato dai doppiogiochisti filosovietici: aveva ragione, la talpa più pericolosa era uno dei suoi migliori amici, nella realtà storica l’inglese Kim Philby. Forse la chiave di lettura del libro sono le ultime parole pronunciate dall’attore Alfred Molina nel ruolo di Torriti, un accattivante ed umanissimo spymaster con il soprannome di “The Sorcerer” (lo Stregone) un siculo-americano che faceva anche da agente di collegamento con Cosa Nostra. The Sorcerer in una conversazione con il suo amico ed allievo decennale (soprannominato: l’Apprendista Stregone) in vena di ricordi, nostalgie e dubbi post-URSS, dice: “Noi eravamo i buoni… Noi eravamo dalla parte del bene…. o no?”. La serie TV è stata acquistata da RAI2 che però non ha ancora deciso se e quando trasmetterla.

 Mi pare che tuttora la Rai abbia evitato di trasmetterla.

Le idee di Robert Littell, nipote di un russo emigrato in USA alla fine del XIX secolo, erano chiare dagli anni ‘70 quando si era trasferito dagli USA in Francia, riuscendo a convincere la moglie anche grazie alla visione del film di Antonioni “Zabriskie Point” (1970): cruciale la scena della esplosione finale con tutti gli oggetti della villa ed il contenuto del frigorifero che schizzavano in aria in tutte le direzioni. Le perplessità di The Sorcerer originavano dal fatto che gli agenti reclutati per salvare la Democrazia e la Libertà avevano finito per lavorare al trionfo del Mercato e del Capitalismo: il romanzo di Littell si ferma agli inizi degli anni ’90 e accenna soltanto all’azione della CIA e delle Corporation USA che in epoca Clinton sono andate in massa nei paesi dell’ex blocco sovietico, Russia compresa. Se avesse proseguito ci avrebbe potuto raccontare di come un ex agente del KGB (Vladimir Putin) riuscì a rintuzzare l’invasione.

Durante una missione in Russia nel settembre del 1994 un’interprete mi fece notare che mentre noi europei miravamo a generici progetti di collaborazione con i nuovi dirigenti politici russi, gli statunitensi stavano acquistando i pezzi pregiati dell’industria ex sovietica. La ragazza aveva buone informazioni: il padre era stato un importante ingegnere spaziale che alla fine degli anni ’50 era stato inviato in Cina per insegnare la costruzione dei missili balistici e che nei giorni della mia missione guidava un taxi per sopravvivere alla catastrofe post-regime, ed il fidanzato era stato nell’intelligence militare russa. 

L’intervento statunitense era stato deciso nella primavera del 1992. Bill Clinton incontrò i più importanti signori di Wall Street e promise che qualora avesse vinto le presidenziali del novembre successivo li avrebbe aiutati ad espandersi nei territori che erano stati sotto il controllo sovietico. Durante il suo primo mandato presidenziale il ministro del Tesoro USA fu Robert Rubin che fino ad allora, per 26 anni, era stato un importante dirigente di Goldman Sachs divenendone anche vice-presidente.

La ubriacatura che deriva dal sentirsi dalla parte del bene e del giusto può portare a pensare che il nostro modello di società è quello che durerà e produrrà benessere all’infinito (”la storia ci ha dato ragione”) ma ora c’è una crisi economica e produttiva che origina dalla più grande truffa collettiva mai prodotta. Dunque, chi ha sabotato il modello economico anglo-americano: le talpe sovietiche? 

La crisi finanziaria seguita al fallimento della Lehman Brothers (2008) era stata innescata dal collasso dell’architettura dei muti subprime raccontata molto bene nel film The Big Short  del 2015 (titolo italiano “La grande scommessa”). Quella crisi, nata negli Stati Uniti, fu esportata con successo anche in Europa. In parte perché il mercato finanziario è ormai globale, in parte perché le agenzie di rating statunitensi si esercitarono con successo per indebolire l’economia europea e l’Euro. Tanto che Mario Draghi, Presidente della BCE, all’ennesima ondata di rating negativi sbottò, con un’alzata di spalle: “Ce ne faremo una ragione”. L’Euro sopravvisse ma perse la possibilità di diventare una importante e rivale moneta rifugio: il dollaro aveva vinto la guerra. Dopo la crisi del 1929 il presidente Roosevelt aveva introdotto delle regole che impedivano alle banche statunitensi di rischiare il denaro dei risparmiatori. Negli anni ’90 il Presidente Clinton aveva cancellato quelle regole: in qualche maniera doveva sdebitarsi. Il Presidente Obama era riuscito ad introdurre delle modifiche che sono state in parte vanificate da normative successive. Morale della favola: il mercato finanziario continua ad avere debolezze strutturali che possono portare a crisi come quella del 2008.

A Silvio Berlusconi manca il senso degli affari ed è un benefattore delle arti e delle lettere con una speciale vocazione per la libertà di espressione. Ha finanziato un film (In ascolto, del 2006) di Giacomo Martelli,  figlio di Claudio, sulla National Security Agency Poi, però, gli ha dato scarsa circolazione, perdendoci un po’ di soldi. L’incasso totale è stato di $ 362.742 a fronte di un budget di circa EURO 2.870.000. Quando si dice la generosità!

Esorcismi per Fiction (3)

(Forum Leggere e Scrivere, 17 Marzo 2009

Si può acquisire qualche informazione sulla National Security Agency tramite un paio di libri: 1) James Bamford. L’ orecchio di Dio: anatomia e storia della National security agency. Fazi 2004 (edizione originale: Body of secrets: anatomy of the ultra-secret National Security Agency: from the Cold War through the dawn of a new century); 2) Radden Keefe PatrickIntercettare il mondo. Echelon e il controllo globale. Einaudi 2006 (edizione originale: Chatter : dispatches from the secret world of global eavesdropping. New York: Random House).

Ambedue (forse di più il primo) esprimono preoccupazione sulle violazioni della privacy (vi è già un’ampia casistica). Soprattutto, si apprende che gli USA ed i suoi alleati nel progetto Echelon (Gran Bretagna, Canada, Australia, Nuova Zelanda) sono in grado di intercettare qualsiasi comunicazione, in qualsiasi luogo. Anche attraverso i normali apparecchi telefonici (cellulari e non) che fungono da microfoni. La NSA assorbe molte più risorse della CIA e per decenni è stata “invisibile”, era segreta la sua stessa esistenza: scherzando alcuni dicevano che NSA era l’acronimo di “No Such Agency”. Poi, alla fine degli anni ‘90, prima per iniziativa dei francesi che avevano perso inspiegabilmente un importante appalto in Brasile (intercettando, fu favorita una impresa USA) poi per defezione di qualcuno degli operatori si cominciò a sapere qualcosa.

Il film “The listening” (2006) narra la storia immaginaria ma verosimile di come un agente della NSA decide di rendere noto l’intero inghippo. Il film è discreto e rende chiaro il contesto e le potenzialità dello strumento.  È prodotto dalla Medusa che, come la Mondadori che ha pubblicato The Company, è di proprietà dell’attuale Presidente del Consiglio [Silvio Berlusconi]. È inspiegabile come due prodotti potenzialmente in grado di moltiplicare gli effetti spettacolari che minacciano la nostra privacy e la nostra democrazia siano stati ignorati. Un incomprensibile passo falso di un imprenditore con il curriculum pieno di successi commerciali. Sui due prodotti si sarebbero potuto fare centinaia di trasmissioni televisive, pubblicare migliaia di pagine di gossip; magari chiedersi anche il nesso che esisteva con quella piattaforma Telecom di intercettazione, esistente in Italia dal 1985, e che coinvolgeva agenti del SISMI, del SISDE, della CIA scoperta nel 2005/6 dai magistrati della procura di Milano nell’ambito dell’indagine sul rapimento di Abu Omar. Approfondendo, anche, il ruolo di un ufficio del SISMI che a Palermo controllava i magistrati che indagavano sulla mafia. Era diretto da un cugino di Cuffaro e il direttore del SISMI Pollari disse di non saperne nulla. Si apprese dai giornali che quel cugino di Cuffaro ebbe una punizione esemplare dal Governo Prodi: fu trasferito a Roma, al Viminale, a dirigere il servizio nazionale scorte.  Un po’ come a dire: prima li controllava ad orecchio e poi a vista.

Sarebbe interessante conoscere le tappe successive della carriera di quel funzionario del SISMI perché farebbe capire quale importanza viene data dal sistema politico alla lotta contro le organizzazioni mafiose.

Sulle potenzialità della tecnologia al servizio di mascalzoni patentati di Stato già nel 1998 si poteva vedere  Enemy of the State che alcuni critici consideravano poco realistico. 

Sull’invasione dell’Iraq del 2003 dopo tante menzogne cominciarono ad essere pubblicati libri e prodotti film più aderenti alla realtà; ma i meccanismi della censura erano sempre attivi. Un bel film uscito con due anni di ritardo rispetto al programma originario mi diede l’occasione per intervenire.

La Verità in tempo di Guerra e Pace

(Forum Leggere e Scrivere, 11 giugno 2010)

Viene pubblicato in Italia “Green Zone” (Rizzoli, 2010) di Rajiv Chandrasekaran. Traduzione di “Imperial Life in the Emerald City” (2006). L’autore è attualmente il direttore dell’edizione nazionale del The Washington Post ed è stato per qualche anno responsabile per la stessa testata degli uffici di corrispondenza di Baghdad, il Cairo, Sud Est Asiatico. “Dal 2003 al 2004 è stato coordinatore del team di reporter del The Washington Post a Baghdad, seguendo tutte le operazioni civili e militari della coalizione.” 

Il libro è stato accolto positivamente. Racconta della sua esperienza a Baghdad poco dopo l’invasione guidata dagli USA nel 2003 ed ha ispirato la sceneggiatura di  Green Zone un film uscito nel 2010 che Michael Moore (il regista canadese famoso per Bowling for Columbine) ha definito il film più onesto che Hollywood ha prodotto sulla guerra in Iraq. 

Il cuore del racconto è rappresentato dalla manipolazione delle notizie che permisero di motivare quella guerra. Il film, bello e con un forte impatto, prodotto nel 2008, è uscito nelle sale solo due anni dopo e secondo molti analisti del settore non riuscirà a recuperare gli investimenti effettuati. 

Solo una parte della critica ha dato un giudizio positivo; altri lo hanno trovato poco convincente. Difficile dire se si tratta di boicottaggio consapevole. Metterei in conto una certa difficoltà diffusa quando si maneggiano verità scomode. Come ci dice Ennio Remondino  (in Niente di vero sul fronte occidentale. Da Omero a Bush, la verità sulle bugie di guerra, Rubbettino 2009) gli “inganni … accompagnano ogni conflitto, militare, sociale, culturale, economico che sia.” 

Ennio Remondino è un giornalista della Rai che da circa un ventennio lavora quasi solo all’estero. Questa sorta di esilio più o meno volontario è iniziato dopo alcune inchieste sulla P2 ed i suoi rapporti con la CIA che l’ha finanziata nell’ambito della strategia della tensione per circa 20 anni.

Da Wikipedia: “All’inizio dell’estate del 1990 … sul TG1 compare un’inchiesta … realizzata da Remondino [che]… fa luce su un probabile complotto internazionale, da cui sarebbe scaturito l’omicidio del premier svedese Olof Palme, alla realizzazione del quale avrebbero preso parte personaggi vicini a Licio Gelli. Le dichiarazioni …  di Barbara Honegger, ex appartenente allo staff dell’amministrazione Reagan, nonché di Ibrahim Razin (alias Oswald LeWinter) e Richard Brenneke, rispettivamente ex agente e collaboratore esterno della CIA, sembreranno portare conferme in tal senso, nonché ad ulteriori rivelazioni, inerenti ai rapporti operativi e agli ingenti finanziamenti intercorsi tra i servizi segreti statunitensi e la P2 nei venti anni precedenti, con precisi riferimenti alla strategia della tensione … [Remondino] ottiene pure copia di un’enorme mole di materiale documentario che, appena rientrato in Italia, gli verrà sequestrato … L’indagine giornalistica … scatenerà un acceso dibattito politico sui mass media ed in Parlamento, che avrà come conseguenza quasi immediata le dimissioni dal TG1 del direttore Nuccio Fava … alcuni mesi dopo porterà … alla prime rivelazione ufficiali sull’esistenza di Gladio ….”. La vicenda coinvolse i massimi vertici istituzionali.

Una bella intervista di Paolo Valentino (Corriere della Sera 10.06.2010) a David Ignatius, anche lui giornalista del The Washington Post ma anche scrittore di spy stories ed esperto di intelligence, ci ricorda il ruolo della Guerra Fredda nell’aver caratterizzato il sistema politico italiano: “… alla fine degli Anni Quaranta in Italia … investimmo un sacco di soldi per cercare di far emergere i partiti democratici e tenere i comunisti fuori dal governo. Ci riuscimmo, ma l’eredità che ci siamo lasciati dietro in Italia è una cultura della cospirazione e del complotto, che ancora oggi avvelena il sistema … non solo in Italia, ma un po’ anche in Francia, per sempre nel mondo arabo… Voglio dire che in pratica le conseguenze negative delle operazioni coperte superano gli effetti positivi immediati”. 

Parole sagge, che richiamano quelle ancora più chiare dette da William Colby, ex capo della Cia, in un’altra intervista al Corriere del 16.04.1993, citate da Emanuele Severino in un articolo per il Corriere del 25.01.2010 (La vittoria giustifica i mezzi. Corruzione e patti con la mafia, il prezzo per battere il comunismo. Lo scontro interminabile tra magistratura e politica affonda le sue radici nei tragici eventi della guerra fredda): “L’ intervistatore gli [a Colby] chiedeva se fosse stato proprio necessario, durante la guerra fredda, mettere all’Italia la camicia di forza anticomunista. La risposta fu: “Sì. Meglio i ladri dei dittatori.” E con queste parole egli dichiarava nel modo più esplicito … che i ladri erano appunto la camicia di forza dell’Italia. … I ladri, poi, erano la criminalità internazionale, mafia in testa.” 

Mi ero già occupato di William Colby in una serie di post del 2009 intitolati “Esorcismi per laici”. Il titolo ha un’origine precisa.

(continua)

Il Racconto del Potere, I Puntata – Armi di distrazione di massa

Il Racconto del Potere, II Puntata – La massoneria e l’amico americano

Il Racconto del Potere IV Puntata – Silvio Berlusconi e il delirio di onnipotenza

Il Racconto del Potere, V Puntata – La mafia, i còrsi, i narcos

Il Racconto del Potere, VI Puntata – Il ceto dirigente italiano

Il Racconto del Potere, VII Puntata – Falcone, Borsellino e gli Altri

Il Racconto del Potere, VIII Puntata – La Questione Meridionale (link esterno)

Il Racconto del Potere, IX Puntata – L’intervento esterno (link esterno)

Nato nel 1955, Laurea in Scienze Politiche. Al suo attivo pubblicazioni a stampa, progetti e rapporti di ricerca, missioni di lavoro in Venezuela, Russia, Ucraina, un lungo soggiorno di studio e lavoro negli Stati Uniti.

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