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Giorgio Galli, un esploratore del sapere tra storia e mistero

Galli

Giorgio Galli, un esploratore del sapere tra storia e mistero

Leggere Giorgio Galli significa avventurarsi in un lungo e profondo percorso di conoscenza. Nei suoi lavori Galli poteva condurci alle radici di quel “bipartitismo imperfetto” su cui la Repubblica italiana si era strututrata dopo il 1946, snocciolando con un innovativo metodo comparativo le radici storiche delle divergenze e delle convergenze ideologiche e, soprattutto, pratiche di Democrazia Cristiana e Partito Comunista sul potere e la sua gestione. Ma anche guidarci nel mondo oscuro e sulfureo delle società segrete europee di fine Ottocento, in quel microcosmo pervaso di Teosofia, pensiero magico e teorie razziali che fece da terreno di coltura al nazismo e alla sua componente esoterica.

Oppure parlare del rapporto tra le democrazie occidentali e il pensiero militare nel contesto della storia del Novecento e teorizzare il ruolo cruciale dei colonnelli, anello di congiunzione tra caserma e alti ranghi militari, nei casi di golpe del XX secolo in diverse aree del mondo. Così come poteva spaziare nell’indagine attraverso temi ritenuti di nicchia o addirittura eccentrici, dai potentati globali dell’era contemporanea al pensiero anticapitalista di destra. Il tutto senza mai venire meno a una grande curiosità e un forte spirito critico.

Per queste sue qualità e per la vastità del suo sapere Giorgio Galli lascia e lascerà, con la sua scomaparsa, un vuoto di ampie dimensioni nel campo degli studi politologici e storiografici in Italia. A lungo docente di Storia delle dottrine politiche all’Università degli Studi di Milano, Galli ha attraversato epoche e ere politiche, approcciandosi ai cambiamenti della storia con grande spirito critico e leggendo molto spesso i cambiamenti con arguzia e con anticipo rispetto ai commentatori contemporanei. Il fatto che sia andato in pensione da professore associato la dice lunga sull’effettiva impronta meritoria dei processi di selezione interni agli atenei italiani. “Ha sempre raccolto un grande successo, e anche per questo è stato sempre mal digerito dai paludati ambienti accademici”, ha detto l’assessore regionale alla Cultura Stefano Bruno Galli commemorando l’omonimo studioso (e collega accademico) in occasione della sua scomparsa.

Giorgio Galli era il prototipo dell’intellettuale libero, poco propenso a farsi fagocitare dall’esclusivo e autoreferenziale circuito della cultura salottiera milanese dei suoi tempi.

Un collega come Aldo Giannuli ne ricorda la grande propensione al dialogo e l’innata curiosità che lo avrebbero accompagnato fino all’ultimo giorno della sua lunga vita, iniziata nel 1928 a Milano e conclusasi a Camogli il 27 dicembre scorso. La propensione di Galli alla curiosità e all’esplorazione delle più estreme frontiere del sapere è confermata da un ricordo personale pubblicato su Formiche dal professor Mario Caligiuri, presidente della Società italiana di intelligence, che con Galli, che della storia de servizi era cultore e appassionato studioso, ha avuto un’attiva collaborazione: “L’ultimo suggerimento è di qualche giorno fa in cui, conoscendo i miei studi sull’intelligence, mi invitava ad approfondire, per quanto possibile, la scioccante dichiarazione di Haim Eshed, ex numero 1 del programma di sicurezza spaziale israeliano, che aveva addirittura sostenuto che su Marte c’era una base gestita di comune accordo tra Stati Uniti ed extraterrestri”.

Socialista convinto, non prese mai la tessera del Psi; indagatore profondo dei temi da lui studiati, mirava ad essere sempre “nel mondo, ma non del mondo“, ponendosi sempre con terzietà alle questioni da lui studiate. In saggi come I partiti politici italiani. Dalla Resistenza all’Europa integrata (1991) e Mezzo secolo di Dc (1993) Galli intuì come la Balena bianca fosse il necessario punto di equilibrio della costituzione materiale repubblicana, e che la fine della Guerra Fredda avrebbe travolto anche il “bipolarismo imperfetto” da lui teorizato nel 1966. Uomo controcorrente per natura, Galli stupì fin dagli esordi: nel 1953 pubblicò il suo primo saggio (Storia del partito comunista italiano) con Fulvio Bellini, ex membro del Pci che era uscito dal partito e, ricorda lo storico Matteo Luca Andriola da noi contattato, “utilizzando fonti bordighiste”, dunque legate a un personaggio, Amedeo Bordiga, che la storia “ufficiale” di partito aveva relegato ai margini in quanto eretico. “Questo”, ricorda Andriola, “è il principale contributo metodologico di Galli alla disciplina storica, assieme alla capacità di valorizzare e fare sistema di fonti secondarie apparentemente di ridotta importanza”. Analogamente, Galli mostrava simpatia per Riccardo Lombardi, ultimo difensore in seno al Psi della volontà di costruire un’alternativa politica al necessario compromesso con la Dc, proprio per la sua pulsione autonomista e intellettualmente limpida.

Politologo sempre attento a unire l’analisi delle dottrine alla fondamentale storia degli uomini che le hanno portate avanti e espanse, Galli aveva una grande capacità di attenzione a diversi livelli di studio dei fenomeni: era fortemente attento alla genesi delle idee, e in testi come Il pensiero politico occidentale (2010) questo emerge approfonditamente; al contempo, come detto, attratto dall’idea junghiana delle coincidenze significative non ha mai rinunciato a cercare anche le motivazioni più profonde che animavano l’azione politica, inaugurando il filone degli studi critici del mondo esoterico e aprendo il vaso di Pandora della a lungo misconosciuta storia delle radici “magiche” del nazismo; infine, Galli ricordava sempre gli interpreti del pensiero e delle azioni concrete che animano l’agire politico e sociale. Nella sua produzione non mancavano le biografie: Business Insider ricorda “quelle su Fanfani e Andreotti e quelle su Pasolini e Mattei“. Personalità forti e indipendenti, battitori liberi nell’agone politico, culturale ed economico che attraevano l’attenzione di chi, come Galli, si muoveva fuori da ogni schema.

“Nella vasta letteratura sul fondatore dell’Eni tragicamente scomparso cinquantotto anni fa”, in particolare “i libri di Galli “La regia occulta” e “Petrolio e complotto italiano” rappresentano ancora oggi due pietre miliari. Il secondo fu rieditato nel 2005, con l’aggiunta di alcuni capitoli, al termine dell’inchiesta del magistrato Vincenzo Calia cui va il merito di avere accertato senza più ombra di dubbio che l’aereo su cui volava Mattei precipitò durante la discesa su Linate a causa di un sabotaggio”. Sfidando i dogmi, Galli aveva indicato che la strada dell’attentato era quella più promettente come via per la verità sul caso già a pochi anni di distanza dalla morte di Mattei.

Non bisogna inoltre dimenticare che uno dei pregi principali dell’uomo e dell’intellettuale Galli era la capacità di trasmettere concetti complessi a un pubblico ampio anche in forma divulgativa e comprensibile, alimentando interesse e passione per la storia con un anticipo sui tempi notevole, se pensiamo alla fortuna che numerosi storici-divulgatori come Alessandro Barbero hanno iniziato a riscuotere negli ultimi anni. Galli fu presidente dell’associazione “Il Mulino” dal 1966 al 1969 e alla sua guida riuscì a far coesistere diverse culture politiche e ideologiche nelle attività condotte e fu tra i primi politologi a agire come editorialista e notista per testate di massa della carta stampata. Una grande innovazione nel panorama editoriale e accademico molto in anticipo sui tempi fu la collaborazione di Galli con Panorama, mentre ancora più origianle fu la scelta di tenere, a lungo, una rubrica su Linus, il mensile simbolo della cultura pop intitiolato all’omonimo personagggio dei Peanuts.

“Galli ha manifestato in tutti i suoi studi indipendenza e autonomia di pensiero”, ci ricorda Andriola, e grazie al suo contributo abbiamo potuto capire che anche nell’epoca della razionalità esasperata e ostentata i processi sociali hanno e avevano “un lato apparentemente nascosto, interessato all’irrazionale. Certificando e confermando che a fronte di una crisi del pensiero illuminista, di fatto, è andata a risorgere un pensiero capace di rifiutare la razionalità a tutti i costi”.

Per essersi occupato di questo filone, specie dopo l’uscita di Hitler e il nazismo magicoGalli si inimicò, in quanto “eretico” ampie fette del mondo accademico facente riferimento al suo tradizionale ambiente di formazione, quello aderente al metodo marxiano. Galli è scomodo, in primo luogo, per quella cultura di sinistra “illuminata” che tende a farsi egemonica e autoreferenziale e immagina un lineare scorrere dei processi politici e storici e risulta, molto spesso, incapace di mettere in discussione sè stessa.

Galli, conclude Andriola, “è stato mosso da una perenne curiosità e questo dovrebbe muovere ogni studioso nella costruzione della sua opera“. Di lui resta una grande eredità sotto forma di scritti e pensieri e una lezione di indipendenza culturale con pochi eguali. Oltre alla lezione fondamentale della curiosità come movente del sapere e della conoscenza. Che in fin dei conti nasce dalla passione per ciò che si studia e si vuole comprendere. Superando le strettoie delle narrazioni ufficiali e cercando, nella scalata alla montagna del sapere, di aprire continuamente nuove vie inesplorate.

(Originariamente pubblicato su “Il Giornale”)

33 – Carlo III Grimaldi e l’autonomia del Principato di Monaco

34 – Lawrence d’Arabia, l’avventuriero dell’assoluto

35 – Monsignor Pogliani e la forza della carità.

36 – John Conway, il mago della matematica

37 – Giorgio Galli, un esploratore del sapere tra storia e mistero

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Bresciano classe 1994, si è formato studiando alla Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali della Statale di Milano. Dopo la laurea triennale in Economia e Management nel 2017 ha conseguito la laurea magistrale in Economics and Political Science nel 2019. Attualmente è analista geopolitico ed economico per "Inside Over" e "Kritica Economica" e svolge attività di ricerca presso il CISINT - Centro Italia di Strategia e Intelligence.

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