Massimo Fini e la critica alla globalizzazione
Di recente vi abbiamo presentato le tesi di Massimo Fini e la sua critica alla democrazia rappresentativa. Giuseppe Gagliano torna oggi sul nostro sito e approfondisce un’altra componente del pensiero di Fini: la critica alla globalizzazione di matrice neoliberista.
Un altro tema molto caro a Massimi Fini è certamente la critica alla globalizzazione. Numerose sono le conseguenze nefaste alle quali la globalizzazione ha condotto la nostra società secondo l’intellettuale italiano. Fra queste certamente vi è l’affermarsi del modello paranoico secondo il quale abbiamo la subordinazione dell’uomo al meccanismo produttivo, l’esistenza nella nostra società di ritmi sempre più incalzanti e insostenibili, la standardizzazione e l’omologazione degli stili di vita in relazione alle esigenze di mercato. Contrariamente alle tesi di Karl Popper e del francese Alain Minc, Fini sostiene – e questa è una altra conseguenza nefasta della globalizzazione- che il mondialismo porterà in primo luogo ad una società multi etnica alla quale poi seguirà una sorta di meticciato universale, cioè un unico tipo di uomo che sarebbe il risultato dell’incrocio di popolazioni europee ed extra europee. D’altra parte, la globalizzazione, ha portato a consumare gli stessi cibi, a vedere le stesse cose, ad avere una cultura unica ed uniforme e ad avere leggi molto simili. Ecco dunque che la globalizzazione e l’immigrazione sono strettamente collegate: il meticciato universale al quale la globalizzazione si condurrà annullerà, secondo Fini, tutte le identità. Al contrario, sostiene l’intellettuale italiano, l’identità costituisce un bene prezioso perché fornisce senso e significato alla vita. Il rispetto della proprietà identità deve necessariamente passare per il rispetto di quella altrui altrimenti siamo soltanto di fronte a una nuova forma di sopraffazione.
Ebbene tutto ciò è stato possibile grazie alla “tecnica”, che ha consentito la globalizzazione. Seguendo le riflessioni di Martin Heidegger, dello psicanalista Umberto Galimberti e di George Simmel anche Fini, in termini apocalittici, sottolinea che la tecnica ha creato un meccanismo che ha subordinato l’uomo ai propri fini massificandolo, omologandolo e togliendoli quindi identità e soggettività. Infatti, nella società attuale, la tecnica da strumento è diventato fine cioè ha acquisito una dimensione autoreferenziale e tautologica. Lo scopo della tecnica infatti è quello di riprodursi in modo illimitato aumentando la sua efficienza e la sua potenza a livello globale.
Infine la globalizzazione è stata possibile grazie allo stretto legame tra tecnica ed industrialismo che a differenza delle economie del passato non trasferisce beni ma crea i beni. Grazie all’industrialismo la civiltà occidentale scopre la natura illimitata dei bisogni e, cioè, scopre come sia facile influenzare gli esseri umani trasformandoli in consumatori. Il legame stretto tra industrializzazione e globalizzazione è dovuto anche al fatto che l’industrialismo, per poter sopravvivere, deve conquistare sempre nuovi mercati allargandosi in modo progressivo. L’esito ultimo di tutto questo processo, secondo l’intellettuale italiano, è la creazione di una società più disumana nella quale domina non più la concorrenza ma la competizione in modo sfrenato.
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