Da Isnello a sindaco di New York: l’ascesa di Vincent Impellitteri
La città di New York ha visto trionfare l’italo americano democratico Bill de Blasio con oltre il 73% delle preferenze. De Blasio è l’ultimo di una serie di sindaci italo-americani: prima di lui i celebri Fiorello La Guardia (Repubblicano almeno in parte), Rudy Giuliani (Repubblicano) e il meno noto di tutti Vincenzo Riccardo Impellitteri, l’unico di questi nato in Italia.
Vincenzo Riccardo Impellitteri nacque a Isnello, comune all’epoca di 4300 anime in provincia di Palermo il 4 febbraio 1900. Il padre era un ciabattino e la famiglia era molto povera: la mancanza di una prospettiva sull’isola portò gli Impellitteri a emigrare in America nel 1901. Vincenzo aveva poco più di un anno. Gli Impellitteri facevano parte di quella massa di migranti italiani, 3 milioni e mezzo di cui tre quarti provenienti dal meridione, che nei primi 20 anni del XX secolo cercarono fortuna in USA. I cattolici Impellitteri risiedettero ad Ansonia in Connecticut e il padre svolse quella tipica vita riservata agli immigrati italiani: lavori scarsamente qualificati, non molto integrato, impreparato ad una vita urbana “megalopolitana” come poteva esserlo chiunque venisse dalle Madonie. Trascorsa la giovinezza in Connecticut, si arruolò nella marina statunitense nel 1917, partecipando alla Grande Guerra come radiotelegrafista con il grado di sottufficiale di terza classe a bordo del cacciatorpediniere USS Stockton, di stanza a Queenstown, in Irlanda, svolgendo servizio di scorta di convogli antisommergibile. Tornato in quella che era la sua patria, gli USA, ottenne la cittadinanza statunitense nel 1922 e si avviò agli studi in giurisprudenza alla Fordham Law School, svolgendo la professione di facchino presso i prestigiosi e famosi teatri di Broadway per mantenersi agli studi, che concluse nel 1924.
Svolse per 5 anni la professione di avvocato, diventando presidente dell’associazione Rapallo Lawyers, che riuniva i più influenti avvocati italo-americani per poi ricoprire l’incarico di assistente procuratore distrettuale di stato dal 1929 al 1938. Da qui divenne assistente di due giudici della Corte Suprema, Peter Schmuck e Joseph A. Gavagan. Malgrado voci che lo volessero vicino a Gaetano-Tommy “tre dita” Lucchese (boss palermitano appartenente a una delle cinque famiglie mafiose che comandavano a New York), il New York Telegram lo indicava come uno dei più strenui oppositori della criminalità organizzata: iscritto di spicco del Partito Democratico non ne aveva scalato i ranghi perché in cattivi rapporti con la Tammany Hall e perché aveva il pudore e la decenza di non aveva contatti con Frank Costello.
La Tammany Hall era una organizzazione politica, sotto forma di associazione, fondata nel lontano 1789 per aiutare gli immigrati irlandesi nel Nuovo Mondo. Con il passare del tempo, l’associazione si trasformò da organizzazione di aiuto a organizzazione di controllo. Tralasciando qui la complessa storia della Tammany ( c’è il bel libro The Tiger: The Rise and Fall of Tammany Hall, Oliver Allen 1993), nel XX secolo era divenuta il motore politico del Partito Democratico newyorkese, ne godeva del patrocinio politico, ne controllava le nomine e molti dei suoi aderenti erano funzionari della polizia e del Comune di New York. Dopo la comunità irlandese vennero altre comunità di migranti tutelate in maniera clientelare che fungevano da ampio capitale politico, grazie alle attività commerciali (club e locali soprattutto) detenuti dai suoi maggiorenti. Una macchina ben oliata che aveva i suoi rappresentanti in parlamento e che spostava ingenti quantità di voti. Ricorrendo alla corruzione e talvolta all’intimidazione, aveva dettato l’agenda politica della Grande Mela fino a che non entrò in conflitto con Franklin Roosevelt, governatore di New York dal 1929 al 1932. Nel 1932, il sindaco James Walker, fu costretto a lasciare l’incarico per un grosso scandalo di corruzione e Roosevelt, con un inaspettato cartellino Democratico (Fusion)-Repubblicano, appoggiò di fatto il repubblicano La Guardia, che governò la città dal 1934 al 1945, infliggendo una irreversibile sciabolata ai gangli della Tammany. Questa si riprese sotto la direzione di Loughlin e Carmine de Sapio, che riuscirono a fare eleggere e rieleggere, nel 1945 e nel 1949 l’irlandese William O’Dwyer.
Impellitteri era legato alla comunità irlandese, avendo sposato Elizabeth (Betty) Agnes McLaughlin nel 1926, e venne eletto in consiglio comunale nel 1945 alla sua prime esperienza politica. Il Partito Democratico non gli diede ruoli di eccessivo potere operativo e lo mise alla Presidenza del Consiglio Comunale, per via del suo alto profilo istituzionale. Fervente anti comunista, nel 1948 condusse una campagna d’opinione fra gli italoamericani, per sostenere il voto contrario ai candidati del PCI nelle elezioni italiane. Questa carica gli venne riconfermata anche alle elezioni del 1949. Senonché O’Dwyer fu costretto a dimettersi per un scandalo, scoperto dal procuratore distrettuale della contea di Kings, Miles McDonald. Lo scandalo che riguardava la corruzione dei funzionari di polizia, aveva coinvolto il sindaco, la Tammany e Frank Costello. Per lo statuto cittadino, ad assumere la carica di sindaco ad interim, fu, fino alle nuove elezioni anticipate, proprio, Vincent Impellitteri (i genitori lo avevano ribattezzato).
Non era comunque intenzione del Partito Democratico ricandidare Impellitteri nel 1950, puntando invece su Ferdinando Pecora, giudice della Corte Suprema dello Stato dal 1935, nato a Nicosia nel 1882 e già senatore per lo Stato di New York. Il partito Liberale decise di appoggiare il candidato democratico. Il Partito Repubblicano candidò un altro italo americano, Edoardo Corsi, laureato in legge, nato a Capestrano nel 1896 e funzionario di lungo corso sotto La Guardia e sotto il governatore Dewey. Il partito Laburista Americano, che nella tornata del 1945 aveva sostenuto i democratici, candidò Paul Ross (nel 1949 candidò Vito Marcantonio). Impellitteri decise di correre da solo, come indipendente a capo di un soggetto civico-politico, l’ “Experience Party”, sfidando apertamente Tammany Hall. La comunità italiana era la più numerosa di New York e spostava molti voti, pertanto non deve sorprendere che i tre candidati più quotati per la vittoria alle elezioni fossero italo americani. Tutti erano comunque di alto profilo e la campagna fu particolarmente aspra tra Pecora e Impellitteri: “Se Pecora viene eletto Frank Costello sarà il tuo sindaco” e “unbought and unbossed” (non corrotto e non comandato) erano gli slogan di Impellitteri. Vinse Impellitteri con il 44,2% dei voti (1161175 preferenze). A seguire Pecora con il 35,6%, Corsi con il 14,6% e Ross con il 5,6%. Il testa a testa fu nel Bronx e a Brooklyn dove prevalse di pochissimo Pecora, che però venne travolto a Manhattan, nel Queens e a Staten Island. L’ elezione di Impellitteri, al primo turno e con larga maggioranza, fu di fatto una rinascenza populista contro un sistema di corruzione che aveva ripreso vigore dopo l’austera epoca La Guardia. Impellitteri, da quando New York incluse le città circostanti come Brooklyn nel 1898, fu il primo ad essere eletto senza ballottaggio e come candidato indipendente. L’insediamento, tenutosi il 14 novembre 1950 fu sobrio e senza fronzoli, senza fanfare e senza palco. Rilasciò un’unica dichiarazione: “do my level best to justify the confidence you have reposed in me.” . La voglia di riscatto della città era tanta e Impellitteri, “Impy” come lo chiamavano, si mise al lavoro su tre fronti: mandare a casa i corrotti, abbellire la città e rimpinguarne le casse vuote. Con la collaborazione del funzionario di fiducia Robert Moses diede il via ad un ampio programma di lavori pubblici tra cui la costruzione di 88 miglia di autostrada e numerosi progetti abitativi – 1.082 edifici di edilizia popolare. Appoggiò le inchieste dei procuratori Harry Gross e Miles McDonald che portarono al licenziamento o alle dimissioni di 500 agenti di polizia di tutti gradi e all’allontanamento di molti amministrativi vicini a O’Dwyer, sostituiti da personale nuovo, assunto su concorso pubblico. Aumentò poi le tariffe del trasporto pubblico da 10 e 15 centesimi, rivalutò a rialzo, l’imposta sulle vendite e introdusse per la prima volta in città il parchimetro per il pagamento della sosta.
Provò a riprendersi il Partito Democratico ma venne sconfitto da Robert Wagner (presidente del distretto di Manhattan), e capendo che sarebbe stato quasi impossibile vincere di nuovo da indipendente, non si ricandidò e portò a naturale scadenza il suo mandato il 31 dicembre 1953 (anche perché Wagner era ostile alla Tammany Hall quasi quanto lui). Nel settembre 1951 Impellitteri tornò a Isnello, in una visita istituzionale al paese natale che venne descritta da Carlo Levi, all’epoca collaboratore de L’ Illustrazione italiana. Qui sì fu una festa tutt’altro che sobria: fanfare, cortei, pranzi e feste in piazza. Insomma la piccola Isnello (3400 abitanti quell’anno) riabbracciava uno dei suoi figli, diventati uno degli uomini più illustri e potenti d’America.
Wagner vinse le elezioni a sindaco e nominò Impellitteri giudice della Corte Penale di New York nel 1954. L’isnellese andò in pensione nel 1965, spegnendosi il 29 gennaio 1987, gravemente debilitato dal parkinson.
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