Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Top

Armenia, Azerbaijan, Nagorno-Karabakh: la forza della ragione e le ragioni della forza

Armenia, Azerbaijan, Nagorno-Karabakh: la forza della ragione e le ragioni della forza

Dopo una breve “guerra-lampo” l’Azerbaijan ha proclamato oggi la vittoria contro la repubblica secessionista filo-armena dell’Artsakh, nel cosiddetto territorio del Nagorno-Karabakh. Terra contesa nella lunga fase di decomposizione geopolitica degli spazi post-sovietici assegnata da Stalin all’Azerbaijan ai tempi dell’Unione Sovietica nonostante una maggioranza della popolazione afferente all’etnia armena, dalla fine dell’impero comunista l’Artsakh/Nagorno-Karabakh è contesa tra Baku e Erevan.

Baku si prepara all’annessione definitiva di terre che, in punta di diritto internazionale, appartengono all’Azerbaijan per quel “dono” di un oblast autonomo con cui Stalin consegnò all’attuale Stato caucasico Nagorno-Karabakh. Lo status quo precario venutosi a creare e che ha portato a una sovrapposizione di linee culturali, etniche e storiche insostenibile è stato rotto dal 2020 in avanti dalle offensive azere. La cui concretizzazione sta creando però una faglia, potenzialmente insostenibile, tra il diritto internazionale e quello dei popoli. L’opinione pubblica “filo-azera”, popolata nel pubblico di Twitter e degli analisti geopolitici, usa un ragionamento che parte da un assioma chiaro: l’Azerbaijan ha il diritto di usare la forza contro l’Artaskh filo-armeno e indipendentista perché sta compiendo un operazione sul suo territorio. Ma questa interpretazione è fallace per più motivi.

In primo luogo, Baku sta operando con un’esorbitante movimentazione di mezzi, risorse, finanziamenti e attività di lobbying politico per conquistare in Occidente i Paesi più importanti alla sua causa. Dall’acquisto massiccio di armi dalla Turchia, da Israele e dai Paesi Nato all’uso della leva energetica, molto cara all’Italia nella cui classe dirigente è emersa una vera e proprio
“Baku-mania”, passando per la penetrazione insidiosa di think tank e emanazioni del governo dittatoriale di Ilham Alyiev per sensibilizzare alla causa di Baku l’Azerbaijan si è, da tempo, ben mosso. E questo ha sdoganato un sostanziale ricorso alla ritrosia da parte delle cancellerie internazionali di fronte alla volontà azera di recuperare con la forza i territori persi nella guerra con l’Armenia del 1992-1994.

In secondo luogo, cristallizzando di fatto nel diritto internazionale i confini costituiti da Stalin si corre il rischio di mettere i Paesi di fronte a faglie insostenibili. Le immagini dei peacekeeper russi che scortano via dalla linea del fronte i cittadini armeni del Nagorno-Karabakh prossimo a una pressoché totale ri-annessione all’Azerbaijan lasciano presagire a quello che potrà essere il futuro dopo la reincorporazione di buona parte dei territori contesi sotto la sovranità di Baku: il rischio di una pulizia etnica è già emerso con forza nel 2020, dopo l’ultima, feroce guerra. Potrà riproporsi?

Una domanda che non ha risposta, ad oggi, ma per la cui risoluzione la situazione non è delle migliori se veniamo al terzo punto: lo sdoganamento dell’uso della forza come metodo di risoluzione delle controversie. Non si può ignorare cosa ha preceduto la mossa azera: la manovra azera nel Nagorno-Karabakh è stata preceduta da oltre nove mesi di blocco del corridoio di Lachin, l’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia e al mondo esterno, da parte di attivisti legati a Baku da fine 2022 a oggi. Il blocco è stato orchestrato dal governo dell’Azerbaigian come forma di guerra ibrida al fine di “strangolare” tramite un embargo di fatto l’enclave armena poi invasa. La carenza di cibo, carburante e medicine è diffusa nella regione e molti cittadini consumano solo un pasto al giorno. Il procuratore fondatore della Corte penale internazionale , Luis Moreno Ocampo, descrive il blocco come un genocidio, ai sensi dell’articolo II, (c ) della Convenzione sul genocidio.

L’Istituto Lemkin per la prevenzione del genocidio – ha emesso diversi “Allerta bandiera rossa” sull’Azerbaigian dall’inizio del blocco. descrivendolo come “un atto criminale che intende creare terrore e condizioni di vita insopportabili per la popolazione dell’Artsakh. Questi eventi sono non sono eventi isolati; sono, invece, commessi all’interno di un modello genocida più ampio contro l’Armenia e gli armeni da parte del regime azerbaigiano”.

Non si hanno dati precisi sul numero possibile di vittime, dirette e indirette, del processo, che ha fiaccato la terra contesa. Ma si ha certezza sul fatto che la ragione della forza ha prevalso, oggigiorno, sulla forza della ragione. E che un Paese estremamente armato, ben fornito di mezzi e risorse e di strumenti propagandistici, ha potuto esercitare un atto unilaterale ai danni di un vicino, l’Armenia, colpendo indirettamente uno Stato secessionista facente riferimento alla sua sfera etnica. Pochi o nulli i tentativi di impedirlo. Poniamo una domanda provocatoria: e se domani a voler risolvere le problematiche in questo modo fosse la Cina? Per i nove decimi dei Paesi, compresi i maggiori, Taiwan è una “provincia ribelle” parte della Repubblica Popolare. Sdoganare questo principio, come fanno molti analisti filo-azeri, crea potenziali distorsioni. Far arrendere la forza della ragione alle ragioni della forza è un problema a prescindere da codici e codicilli. E dall’Ucraina al Nagorno lo spazio post-sovietico è teatro di una recessione delle logiche della convivenza politica a tutto campo che inizia, su scala globale, ad avere dimensioni preoccupanti.

Bresciano classe 1994, si è formato studiando alla Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali della Statale di Milano. Dopo la laurea triennale in Economia e Management nel 2017 ha conseguito la laurea magistrale in Economics and Political Science nel 2019. Attualmente è analista geopolitico ed economico per "Inside Over" e "Kritica Economica" e svolge attività di ricerca presso il CISINT - Centro Italia di Strategia e Intelligence.

Post a Comment


доступен плагин ATs Privacy Policy ©

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Questo sito fa uso di cookie, file di testo che vengono registrati sul terminale dell’utente oppure che consentono l’accesso ad informazioni sul terminale dell’utente. I cookie permettono di conservare informazioni sulle preferenze dei visitatori, sono utilizzati al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e di migliorarne le funzionalità personalizzando il contenuto delle pagine in base al tipo del browser utilizzato, oppure per semplificarne la navigazione automatizzando le procedure ed infine per l’analisi dell’uso del sito da parte dei visitatori. Accettando i cookie oppure navigando il sito, il visitatore acconsente espressamente all’uso dei cookie e delle tecnologie similari, e in particolare alla registrazione di tali cookie sul suo terminale per le finalità sopra indicate, oppure all’accesso tramite i cookie ad informazioni sul suo terminale.