Egitto, lo sgambetto italiano alla Francia di Macron
Ricostruiamo in breve gli antefatti. Dalla visita di Emmanuel Macron in Egitto nel gennaio 2019, le cattive notizie per l’industria delle armi francese si sono moltiplicate. Dopo ThyssenKrupp Marine Systems (Tkms), che l’anno scorso ha venduto sei fregate Meko A200, la nostra Fincantieri si appresta a concludere un ottimo accordo anche grazie al supporto della Cassa depositi e prestiti, che è pronta a concedere un prestito all’esportazione con la concessione di una garanzia fino a 500 milioni di euro. Dobbiamo anche ricordare che la tedesca Diehl ha vinto la competizione per la consegna di sette sistemi di difesa terra-aria completi.
La débâcle francese avviene quando Macron durante la sua conferenza stampa del 28 gennaio 2019, sotto pressione delle Ong, si era permesso di dare una lezione sul rispetto dei diritti umani in Egitto. Quella dichiarazione è stata un errore fatale nelle relazioni tra Francia ed Egitto. Infatti, dopo la dichiarazione, l’addetto militare francese è stato convocato allo scopo di far cessare qualsiasi rapporto privilegiato con l’Egitto, rapporto che è iniziato nel 2015 grazie all’ex ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian, ora ministro degli Affari esteri (alludiamo alla proposta di acquisto di quattro corvette da combattimento Gowind, due Maestrale, una fregata Fremm e 24 Rafale).
Insomma la Francia è oramai completamente fuori dal mercato degli armamenti egiziano e di questo il nostro paese non potrà che trarne beneficio.
Infatti, sotto il profilo strettamente economico, l’annuncio che l’Egitto sia interessato ad acquistare per 1,2 miliardi di euro la nona e la decima Fremm costruita da Fincantieri per la Marina militare italiana, le fregate multiruolo Spartaco Schergat ed Emilio Bianchi rappresenta un’ottima occasione per l’industria militare italiana.
Inoltre secondo le dichiarazioni del periodico Arab Weekly, l’Egitto sarebbe intenzionato anche ad acquistare imbarcazioni per le operazioni di pattugliamento off-shore, 24 jet Eurofighter, numerosi jet avanzati da addestramento e un satellite. L’accordo dovrebbe fruttare circa 10,7 miliardi di dollari.
Al di là delle dichiarazioni di Lia Quartapelle, capogruppo Pd in commissione Esteri alla Camera – dichiarazioni che dimostrano la totale assenza di realismo politico (analogamente a quelle fatte da Di Maio nel suo incontro con Haftar) – il nostro paese avrebbe non solo l’occasione di consolidare i suoi rapporti bilaterali, già presenti per esempio nel contesto energetico con Eni, ma soprattutto avrebbe l’occasione di dimostrare la propria superiorità rispetto ai francesi, la cui offerta – una fregata Fremm, due portaelicotteri tipo Mistral e 4 corvette tipo Gowind – non è stata gradita dal Cairo. Una superiorità che il nostro paese sotto il profilo dei costi e della tecnologia ha già dimostrato in Qatar, sempre grazie a Fincantieri.
Di certo la perdita di influenza geopolitica italiana in Libia non potrà essere compensata da queste commesse, ma certamente serviranno a consolidare la nostra posizione sul mercato mediorientale.
E adesso veniamo alla vexata quaestio del rispetto dei diritti umani: se dovessimo costruire le nostre relazioni commerciali sulla base del rispetto dei diritti umani, la nostra industria potrebbe chiudere bottega e lasciare ai nostri competitori – tedeschi e francesi tanto per intenderci – campo libero.