Verso la Zee marittima? Così il Mediterraneo torna centrale per l’Italia
In queste settimane avanzerà nelle Commissioni della Camera dei Deputati una proposta di legge di grande rilevanza per l’approccio italiano al contesto geografico e geopolitico di più diretta rilevanza per il Paese, il teatro del Mar Mediterraneo. Parliamo della proposta di legge per l’istituzione di una Zona Economica Esclusiva (ZEE) marittima da parte del nostro Paese, avente come prima firmataria la deputata del Movimento Cinque Stelle Iolanda Di Stasio.
Il cluster mediterraneo italiano è di rilevanza internazionale e, come fa notare l’ammiraglio Fabio Caffio in Geopolitica del mare, numerosi settori testimoniano l’importanza strategica della marittimità: “flotta mercantile, cantieristica, portualità, forze navali di Marina militare e Guardia Costiera. Cui vanno aggiunti i distretti della pesca e i settori dell’offshore energetico, della protezione dell’ambiente marino e del patrimonio archeologico subacqueo”.
Puntare alla costituzione di una ZEE italiana nel Mediterraneo è un obiettivo difficilmente derogabile in una fase cruciale per la competizione strategica ed economica nel “Grande Mare” e in cui emergono con forza tendenze e spinte alla “territorializzazione del mare”, da intendersi come la spinta degli Stati a cercare il controllo diretto della gestione degli spazi che vanno oltre le proprie acque territoriali utilizzando, al contempo, la spregiudicatezza dei rapporti di forza e le possibilità garantite dagli accordi internazionali.
E parlare di ZEE nel Mediterraneo significa entrare in un tema decisamente combattuto: si pensi, per esempio, alla manovra diretta con cui la Turchia di Recep Tayyip Erdogan si è accordata con la Libia per delimitare le rispettive aree d’influenza e i confini marittimi di riferimento, nell’ottica di una partita fondamentale come quella energetica; o alla manovra con cui l’Algeria nel 2018 aveva istituito unilateralmente la propria ZEE, sovrapponendosi in parte alla Zona di Protezione Ecologica italiana, fino a 13 miglia dalle coste della Sardegna, aprendo un contenzioso con l’Italia che è alla radice della presa di consapevolezza del problema a Roma.
Una ZEE, tecnicamente, garantisce fondamentali priorità al Paese che la proclami, ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982. Tale convenzione agli Stati assegna come “diritto naturale” e non richiedente proclamazioni di alcun tipo la possibilità di sfruttare le risorse economiche della piattaforma continentale, ovvero la parte di territorio in continuità con il profilo geologico nazionale che si trovi sotto i fondali marini, mentre nel titolo V garantisce agli Stati la possibilità di proclamare ZEE entro e non oltre le 200 miglia dalla costa. Lo Stato in questione beneficia di diritti sovrani ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche e minerali che si trovano nel tratto di mare e nel fondale dell’area in riferimento, ottiene il controllo dei diritti di pesca e deve in ogni caso concedere agli Stati terzi la garanzia della libertà di navigazione e di sorvolo e di posare cavi sottomarini all’interno della ZEE. L’onorevole Di Stasio ha dialogato con noi nel merito di tale iniziativa, sottolineando come “fosse arrivato il momento per il nostro Paese di prendere una posizione nel merito della questione. L’Italia prima d’ora non ha mai provveduto a legiferare sull’istituzione di una propria ZEE, sebbene fosse nei propri diritti, in accordo con la Convenzione di Montego Bay. In questo modo si intende anche inaugurare una nuova direttrice giuridica, con la quale ci auspichiamo che possano essere introdotti in seno al governo nuovi strumenti interdisciplinari per la valutazione di una nuova politica marittima”.
In un mare chiuso come il Mediterraneo nessuna regione costiera ha garantita una distanza superiore alle 400 miglia marittima capace di permettere a due ZEE opposte di lambirsi e confinare reciprocamente. Ciò rende fonte di potenziali instabilità geopolitiche proclamazioni unilaterali come quella algerina, non concordata con i Paesi il cui mare si trova a lambire la possibile ZEE: nel Mediterraneo le ZEE proclamate sono, in un secondo momento, soggette a negoziazioni analoghe a quelle compiute per determinare l’effettiva demarcazione della piattaforma continentale. “Il Ministero degli Esteri ha avviato le negoziazioni bilaterali con l’Algeria per stabilire reciprocamente i confini delle rispettive ZEE, nell’ottica di promozione di una buona politica comune nel Mediterraneo. L’Italia ha un’estensione costiera estremamente rilevante, ed è dunque prioritario per il Paese dare un impulso alla propria vocazione marittima in termini economici, energetici e ambientali”, ha inoltre aggiunto la Di Stasio.
Da questi negoziati derivano i citati diritti marittimi su stock ittici, esplorazione scientifica e, settore in crescente e dinamico sviluppo, ricerca del settore energetico.
Proprio sul tema energetico si è acceso il dibattito sulle possibili conseguenze del case study più importante riguardante la potenziale Zee italiana, il confronto con l’Algeria. Il citato ammiraglio Caffio, in uno studio pubblicato su Analisi Difesa, e l’ammiraglio Nicola de Felice, in un paper per il Centro Studi Machiavelli, hanno avvertito che l’Algeria potrebbe in futuro pensare di espandere all’esplorazione alla ricerca di gas e petrolio le attività nella zona contesa. Il rischio, tuttavia, non sarebbe cogente o concreto secondo l’onorevole sardo dei Cinque Stelle Pino Cabras, ritenuto uno dei maggiori esperti di questioni internazionali nella galassia pentastellata: “la dichiarazione unilaterale con cui l’Algeria ha proclamato la propria Zona economica esclusiva (Zee) nel marzo 2018 non ha avuto e non avrà alcun effetto concreto”, ha dichiarato a febbraio Cabras, replicando all’ex presidente della regione Sardegna Mauro Pili, che aveva ventilato minacce alla sovranità nazionale.
Non a caso Cabras, assieme a tutti i deputati sardi dei Cinque Stelle, ha cofirmato la legge presentata dalla Di Stasio, che riguarda in maniera principale proprio l’area rimasta sguarnita dei confini marittimi italiani, quella prospiciente la Sardegna. La necessità di un cambio di passo si avverte come necessaria, ora più che mai. Nei decenni passati la strada seguita da Roma ha puntato nella direzione della delimitazione della piattaforma continentale, a seguito di accordi stipulati con Jugoslavia (1969), Tunisia (1971), Spagna (1974), Grecia (1977) e Albania (1992) e della ricerca di un complesso modus vivendi con Malta; nel corso degli anni, però, la proclamazione di ZEE da parte degli altri Stati mediterranei ha alzato il livello della competitività e esposto il Paese al rischio di atti unilaterali non corrisposti. Proclamare la ZEE è di conseguenza un atto di grande rilevanza geopolitica e che certifica la decisa proiezione marittima dello Stato che lo compie. Può l’Italia, tra le maggiori potenze economiche, commerciali e militari del bacino del Mediterraneo esimersi dal farlo?
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