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Consumismo e disillusioni: la “società signorile di massa” secondo Luca Ricolfi

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Consumismo e disillusioni: la “società signorile di massa” secondo Luca Ricolfi

Società signorile di massa è il termine usato da Luca Ricolfi nell’omonimo libro uscito un inverno fa. Il termine signorile è centrale per capire il senso del concetto: è signorile il gusto tipicamente borghese di concepire la vita e viverla come un tale. “Fa della tua vita un’opera d’arte” era una citazione contenuta in un’opera di D’Annunzio. E la massa della società moderna lo fa: crede di essere borghese, ostenta, vanta, consuma.

Laddove la massa si abbandona ai consumi opulenti viene da porsi qualche domanda.

Ricolfi mostra come l’Italia sia un Paese con una struttura lavorativa peculiare, pur rappresentando un modello di tendenza in tutto il mondo occidentale. In sostanza, l’apparato lavorativo italiano si presenta costituito da due parti fondamentali: l’infrastruttura paraschiavistica impiegata nel mondo del lavoro, e i signori. La prima è colei che provvede alla produzione concreta dei beni di consumo, la si trova nelle fabbriche, negli stabilimenti, nei campi. La seconda predilige il consumo, spesso anche senza poterselo permettere. È interessante evidenziare i vari segmenti dell’infrastruttura paraschiavistica, ove accanto ai tradizionali lavoratori salariati vi sono una serie di soggetti sociali che incarnano tutte le contraddizioni (ma anche la coerenza) del sistema signorile. Pensiamo, ad esempio, ai braccianti agricoli delle campagne meridionali, i quali sono spesso sfruttati, sottopagati, dipendenti dal più mediocre caporalato, e privi di qualsiasi diritto; come il diritto di voto, giusto per dirne uno. Ma non sono i soli, basti pensare agli operai del nostro Paese, metalmeccanici, portuali ed edili, costretti a lavorare anche in un periodo d’emergenza come quello che stiamo vivendo.

L’infrastruttura paraschiavistica contiene al suo interno tutti coloro che sono stati sconfitti dalla società capitalistica, dal consumo, dalla globalizzazione.

È paradossalmente ironico pensare che proprio tali settori sociali debbano provvedere al mantenimento di una classe sempre più ampia di signori.

L’opulenza e il consumo onnipresente fanno in modo che sempre più persone possano accedere ai beni di tendenza, alle cene, agli eventi. Persone che ostentano, vantano tutto ciò che consumano.

Poiché convinti di essere signori, loro rinnegano la mentalità lavorativa, evitano di cercare un impiego, pur trovando comunque i modi per consumare.

Il rifiuto del lavoro entra in contraddizione con quanto affermava Bourdieu circa cinquant’anni fa: se prima, nell’epoca del ‘capitalismo dal volto umano’ una persona intendeva raggiungere un obiettivo, questa era incline ad accettare altri impieghi che le consentissero di arrivare al suo traguardo; oggi, al contrario, la mentalità signorile non accetta intermediazioni. Secondo tale visione aprioristica si è signori in partenza.

È difficile per un Paese andare avanti, produrre ricchezze, laddove la metà dei suoi cittadini costituisce una classe sociale parassitaria, mentre l’altra è semplicemente dipendente da essa in termini neoschiavistici.

Dunque, in che modo l’Italia sopravvive? I metodi che vengono presentati da Ricolfi sono diversi.

Vi è la logica del debito, secondo cui i signori pur di presentarsi, e mostrarsi agli occhi degli altri come tali, siano inclini a contrarre debiti, presso banche private, strozzini, mafie.

Vi è poi il gioco d’azzardo, fattore centrale per comprendere quale sia una delle fonti di ricchezza più importanti per lo Stato. Fattore che tendenzialmente interessa le classi sociali più disagiate, le quali, però, non sanno dire di no alla fortuna e non riescono a rinunciare alla propria opulenza.

Se sia i signori che gli appartenenti all’infrastruttura paraschiavistica sono entrambi proletari, i quali si distinguono semplicemente dall’adesione o no al mercato del lavoro, i veri ricchi e i veri borghesi dove si nascondono?

Se si considera che dall’inizio degli anni duemila sempre più gente non ha accesso alla ricchezza, ad un lavoro sicuro, alla stabilità, e, al contrario, sempre meno gente detiene la ricchezza di una quota sempre maggiore di individui, è facile dedurre come il borghese inteso in un’accezione novecentesca sia divenuto una minoranza. Il ricco, quello vero, nella società signorile di massa, preferisce isolarsi, stare con i suoi simili. Il ricco non intende mischiarsi con gente che crede di essere come lui, che si spaccia per ricco. Il ricco mantiene ancora le convinzioni pregiudiziali di classe secondo cui i proletari appartengono ad un’altra classe sociale.

E i signori di massa, malgrado ciò che consumano e ciò che ostentano, sono proletari.

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Classe '98, nato a Napoli, attualmente residente a Firenze. Studio Scienze Politiche presso l'Università degli studi di Firenze. Ambisco all'osservazione delle dinamiche contemporanee, del conflitto sociale e delle diseguaglianze, adottando la "mentalità sociologica come strumento di liberazione

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