Tra P2, apparati deviati e Usa: come la magistratura legge le “stragi di Stato”
Il volume al quale vogliamo rivolgere la nostra attenzione è quello curato da Angelo Ventrone e cioè L’Italia delle stragi. Le trame eversive nella ricostruzione dei magistrati protagonisti delle inchieste (1969-1980) (Donzelli 2020) che costituisce un contributo di grande rilevanza sotto il profilo storico per ricostruire le trame drammatiche della strategia della tensione che determinò – è opportuno ricordarlo-135 morti e 560 feriti.
Come osserva il curatore ciò che accade in Italia è un caso unico in tutta l’Europa occidentale. Infatti, l’Italia fu un vero e proprio laboratorio per sperimentare la strategia della tensione, strategia che fu possibile grazie alla collaborazione delle istituzioni politiche e militari italiane.
Se queste stragi furono possibili nel nostro paese ciò fu determinato dalle enormi limitazioni alla nostra sovranità politica, militare ed economica che furono gettate sia dal Trattato di Parigi sia dalla adesione dell’Italia alla Nato piaccia o meno agli storici asserviti al diktat Nato-USA.
La destabilizzazione che fu posta in essere dalla strategia della tensione – caratterizzata da attentati dinamitardi e da tentativi falliti di colpi di Stato – fu resa possibile dalla connivenza e dalla complicità dei servizi segreti italiani, dei gruppi neofascisti, delle forze armate italiane, delle istituzioni politiche italiane e da quelle imprenditoriali ma soprattutto dalla P2 e dal ruolo determinate rivestito sia dalle basi Nato in Italia sia dalla CIA, che poté muoversi sul nostro territorio come se questo fosse un protettorato americano.
In modo particolare, opportunamente il curatore del volume nell’introduzione sottolinea come i vertici politici autorizzarono l’imposizione del segreto di Stato che di fatto legittimò implicitamente la strategia della tensione ostacolando le indagini della magistratura.
In conclusione, il giudizio che viene dato dagli autori sulle connivenze e le complicità degli apparati di Stato è un giudizio durissimo che non lascia scampo ad alcuna attenuante.
Le stragi tra collusioni e omertà
Incominciamo la nostra recensione dalle osservazioni fatte dal magistrato Pietro Calogero. Se ormai non esiste alcun dubbio sul ruolo fondamentale che rivestì Ordine Nuovo – come Avanguardia Nazionale – nell’esecuzione delle stragi è altrettanto documentato che le indagini sul modus operandi di questa organizzazione furono ostacolate da ufficiali e funzionari degli apparati dei servizi che attraverso i depistaggi puntarono a criminalizzare gli anarchici screditandoli.
In modo particolare furono vere proprie condotte ostruzionistiche da parte della polizia di Stato volute e coordinate dall’Ufficio affari riservati de Ministero degli Interni; grazie al favoreggiamento che determinò la fuga e la latitanza all’estero degli neofascisti favorite dal SID ed, in modo particolare, da Maletti e Labruna.
E che dire, sottolinea il magistrato, del comportamento inaccettabile ed inammissibile attuato dal capo del SID e cioè dal Generale Vito Miceli quando oppose nel 1973 il segreto di Stato relativamente ai rapporti tra i servizi e Guido Giannettini? Cosa fece il governo ,che allora era preceduto da Rumor ,per rimuovere il segreto di stato?
Fra i documenti che il giudice giustamente cita uno in particolare merita di essere ricordato è cioè quello del 4 maggio del 1969 nel quale Giannittini in maniera esplicita sottolinea come esistessero decisioni prese da ambienti politici ed economici italiani appoggiati anche da ambienti stranieri per procedere alla sostituzione del centro -sinistra in Italia con una formula sostanzialmente centrista. Fra gli strumenti necessari per conseguire questo obiettivo veniva ritenuto fondamentale utilizzare un’ondata di attentati terroristici per convincere l’opinione pubblica della pericolosità di mantenere l’apertura a sinistra. Altrettanto gravi sono le affermazioni di Giannittini riguardo il sostegno dato a questa strategia terroristica da parte di non meglio precisati gruppi industriali del Nord Italia.
A tale proposito – a pagina 40 – il giudice Calogero ricorda molto opportunamente il ruolo che fu svolto dalla Edison, dalla Fiat e dall’industria del petroliere genovese Monti. Tuttavia questa pagina fondamentale della strategia della tensione rimane ancora avvolta dal mistero poiché non si sa esattamente per quanto tempo e soprattutto quanto denaro fu versato da queste industrie per contrastare il comunismo nel nostro paese. Analogamente – al di là della vicenda dello IOR diretto da Marcinkus e quindi al di là delle vicende di Roberto Calvi e Michele Sindona – poco si sa del ruolo che svolse il Vaticano baluardo sicuro dell’anticomunismo nel nostro paese (basti pensare a Don Luigi Gedda) e a quello svolto delle banche italiane nel sostegno all’anticomunismo.
La grande strategia per destabilizzare l’Italia
Naturalmente gli attentati terroristici facevano parte di una strategia molto più complessa e cioè della guerra non ortodossa contro il comunismo che gli apparati militari e l’intelligence degli Stati Uniti avevano elaborato già nel secondo dopo guerra. Il giudice Calogero sottolinea-diversamente dagli studiosi di storia militare e di relazioni internazionali di orientamento filo-atlantico sulle cui buona fede o mala fede è francamente difficile decidere -come la limitazione di sovranità del nostro paese dipese dal fatto che l’Italia era un paese militarmente sconfitto e soprattutto sul suo territorio vi era il PCI.
Proprio per queste due motivazioni, il nostro paese dovette accettare una stabile supervisione della propria politica interna da parte delle potenze vincitrici ed, in modo particolare, da quella americana; non solo ma dovette anche accettare interferenze più o meno gravi dirette a garantire il rispetto degli impegni presi allo scopo di neutralizzare ad ogni costo il pericolo comunista.
Proprio il ricorso a queste costanti interferenze ha determinato, “nei decenni successivi alla fine del conflitto mondiale, il fatto che l’Italia sia stato teatro di numerose iniziative illegali che di volta in volta si sono configurate o come pressioni, o come intimidazioni, o come minacce e ricatti o come violenze e attentati o infine come vere proprie e stragi indiscriminate che nell’arco di poco più di un decennio hanno determinato centinaia di morti e feriti”. Storicamente non c’è dubbio che questa strategia sia direttamente legata a quella del contenimento introdotto nel 1948 e che possa essere fatta risalire al 1955.
La pista atlantica
Ebbene, da un punto di vista strettamente istituzionale, affinché questa strategia di guerra non ortodossa potesse attuarsi nel nostro paese era necessario che i più alti vertici politici e militari americani elaborassero e legittimassero questa dottrina e fra questi-osserva opportunamente il giudice Calogero -il consiglio di sicurezza americano, il segretario della difesa, il consigliere per la sicurezza nazionale, il capo dello Stato maggiore congiunto ma soprattutto i vertici della CIA.
In particolare l’ufficio dei progetti speciali che fu in un secondo momento rinominato ufficio di coordinamento politico svolse certamente un ruolo determinante nella pianificazione prima e nell’attuazione dopo della guerra non ortodosso contro il comunismo.Tutto ciò è confermato dalla commissione americana Church-Pike che fra il ‘75 e il ‘76 dichiarò esplicitamente che la CIA aveva dispensato rilevanti finanziamenti alle forze politiche anticomuniste favorendo azione di propaganda con lo scopo di screditare il comunismo per convincer l’opinione pubblica della sua pericolosità e aveva altresì sostenuto operazioni di sovversione.
Fra le affermazioni più rilevanti di questa commissione una merita una particolare attenzione: questi interventi non furono occasionali ma furono attività sistematiche organizzate ai più alti livelli dello Stato americano ed eseguite fedelmente nel rispetto delle direttive del presidente e degli addetti alla sicurezza nazionale.
Sul piano strettamente operativo questa strategia fu naturalmente possibile-come emerge con estrema chiarezza anche dallo splendido saggio di Stefania Limiti dal titolo Doppio livello. Come si organizza la destabilizzazione in Italia (Chiarelettere ,2020) non solo per la presenza delle ambasciate americane e dei responsabili della CIA presso di esse ma anche dalla presenza delle basi Nato di Verona, Vicenza e Pisa possibili proprio grazie all’adesione dell’Italia alla Nato e alla sua assenza di sovranità militare. A tale proposito – raffrontando sia questo volume che quello della Stefania Limiti – risulta evidente come alcuni nomi dell’estabilishment americano ricorrano frequentemente e, fra questi, Allen Dulles, William Colby, il Generale Westmoreland e Kissinger certamente fra coloro che elaborarono ed attuarono la dottrina della guerra non ortodossa.
Allo scopo tuttavia di fugare ogni dubbio sul fatto che le indagini attuate dalla magistratura avessero un orientamento apertamente filocomunista o criptocomunista credo sia opportuno fare una necessaria precisazione: se sotto il profilo della logica bipolare era pienamente comprensibile sul piano strategico che la Nato attuasse strutture clandestine – come la nota rete Stay-Behind per prevenire un eventuale offensiva da parte del Patto di Varsavia- risulta del tutto ingiustificata secondo il magistrato italiano la manipolazione che fu posta in essere dall’intelligence americana -con la connivenza e la complicità di quella italiana – del terrorismo neofascista e financo di quello di estrema sinistra per attuare la strategia della tensione.
Il ruolo della P2
Ritornando al fondamentale intervento del giudice Calogero il ruolo della loggia massonica P2 e quindi di Licio Gelli fu un ruolo assolutamente fondamentale perché in un certo qual senso attuò una sorta di coordinamento sia politico che strategico della strategia della tensione come dimostra il fatto che i principali responsabili in Italia di questa strategia erano guardacaso iscritti alla P2.
Ebben ,alla luce di queste brevi considerazioni ,diventa francamente retorico domandarsi quali confini vi siano stati ,nel contesto della strategia della tensione, fra lecito e illecito e cioè fra azioni considerate legittime sul piano strategico e altre considerate vere e proprie azioni criminali (alludiamo principalmente, ma non solo, alle stragi poste in essere da questa strategia).
Tuttavia quest’osservazione ancora una volta ci permette di osservare in primo luogo come i confini fra lo stato legale e quello parallelo siano confini molto labili e soprattutto ci consente di affermare come sia nel contesto della guerra tradizionale che nel contesto delle guerre non tradizionali – come fu la guerra fredda- il modus operandi degli Stati – in questo caso per esempio degli Stati Uniti e dell’Italia – non solo sia assimilabile per certi versi a quello delle organizzazioni criminali – con le quali fra l’altro gli apparati collaborano proprio in funzione anticomunista fin dai tempi della strage di Portella della Ginestra del 1947 – ma faccia venire meno ogni demarcazione sul piano morale fra giusto ed ingiusto vanificando gran parte delle riflessioni di filosofia del diritto e della politica che sembrano francamente più avere a che fare con il mondo iperuranico platonico che con la realtà storica.
In secondo luogo – seppure esistano evidenti differenze fra lo Stato democratico italiano e gli Stati autoritari come furono quelli del Portogallo di Salazar o quello spagnolo di Franco – la logica della ragion di Stato e degli arcana imperii che ha legittimato la strategia della tensione del nostro paese rende questi confini labili e porosi. Forse perché il mondo della realtà storica è un inquietante ibrido tra l’inferno e il purgatorio. Quanto al paradiso questo lo lasciamo ai filosofi e ai teologi.
Il mistero Borghese
Il secondo saggio del volume, sempre a cura del magistrato Pietro Calogero, è rivolto al tentato Golpe Borghese e alla loggia massonica P2. Non è infatti possibile comprendere chiaramente la strategia della tensione e soprattutto il ruolo dei cosiddetti poteri occulti del nostro paese se non si studia il modus operandi della massoneria piduista. Il ruolo della massoneria americana esercitò una influenza determinante nelle scelte politiche del nostro paese e costituisce quindi un altro fondamentale tassello della storia reale del nostro paese.
Il giudice Calogero afferma a tale proposito che: “a decorrere dal 1961 favorito dal gran maestro Gamberini, uomo di fiducia della CIA, ci fu un fiorire in Italia di logge massoniche formate da personale civile e militare americano“ che guarda caso erano radicate proprio presso le ambasciate americane e presso le basi Nato italiane (ancora una volta ciò conferma il ruolo fondamentale giocato per la costruzione della strategia anticomunista in Italia di queste sedi istituzionali). Il fatto che Gelli avesse avuto trascorsi fascisti e repubblichini costituì un motivo di garanzia per il controspionaggio americano e ciò da un lato dimostra, ancora una volta, come servizi di sicurezza americani, sovietici e della Germania orientale si fossero serviti dei loro ex nemici per contrastare i nuovi temibili nemici – e cioè i comunisti e gli anticomunisti – e dall’altro lato dimostra come i confini fra bene e male siano confini labilissimi.
A tale proposito credo sia utile ancora una volta ricordare quanto utili si siano dimostrati i movimenti di estrema destra – come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale – per attuare in modo efficace la strategia della tensione come dimostra proprio il golpe Borghese. A tale riguardo di grandissimo interesse storico fu l’affermazione di Vincinguerra (riportata nel saggio del giudice Giampaolo Zorzi relativa alla strage di Piazza della loggia) secondo il quale Ordine Nuovo era collegato ad ambiente di potere e ad apparati dello Stato; la strage era vista come uno strumento per creare la punta massima di disordine al fine di ristabilire l’ordine (pag. 122).
Un altro aspetto, a nostro modo di vedere rilevante, che emerge dal saggio di Calogero fu il fatto che da un lato la complessa e pericolosa attività cospirativa posta in essere per il golpe Borghese vide anche la collaborazione di boss della mafia siciliana che:” ebbero l’incarico dal dottor Drago in rappresentanza del fronte, di eliminare il capo della polizia Vicari”(p.56) e dall’altro lato che fu proprio il ministro della difesa Giulio Andreotti-uno dei principali referenti a livello politico insieme a Salvo Lima della mafia-ad avallare un’operazione di questo genere coprendo le reali responsabilità di questo tentativo di colpo di Stato.
Nel saggio successivo, redatto dal giudice Giovanni Tamburino relativo alla Rosa dei Venti, emerge ancora una volta il coinvolgimento dei vertici istituzionali dell’Arma dei carabinieri che avrebbero potuto autorizzare Amos Spiazzi a rivelare quanto sapevano ma emerge ancora una volta il ruolo della mafia e della massoneria con Michele Sindona (pag.95) ma soprattutto il ruolo del massone Giovanni Alliata di Montereale certamente una delle figure più inquietanti della massoneria italiana che godeva di alta considerazione all’interno di importanti strutture dell’amministrazione americana.
A conclusione del saggio il giudice formula alcune osservazioni di estrema rilevanza: in primo luogo sottolinea come troppe volte si è andati alla ricerca della logica del terrorista piuttosto che a verificare l’interesse economico retrostante; in secondo luogo rileva come i militanti estremisti agissero in contatto con esponenti militari e ricevessero cospicui fondi dal mondo degli industriali e della finanza ma soprattutto mette in evidenza come il contrasto al comunismo internazionale e la volontà di dominio mondiale fossero l’obiettivo reale della strategia della tensione. In altri termini,la sconfitta del comunismo a livello mondiale ,era ritenuta necessaria per la tutela anche dei contrapposti interessi economici.
Nel saggio scritto dal giudice Giampaolo Zorzi relativo alla strage di Piazza della Loggia uno degli j’accuse, a nostro modo di vedere più interessanti e significativi dal punto di vista storico ,è quello contro i servizi segreti. Da parte dei servizi segreti- ed in particolare di Maletti direttore del SID- fu posta in essere non solo una strategia depistante ma una strategia volta a nascondere i reali colpevoli della strage (pag.127).
Per quanto riguarda il saggio di Leonardo Grassi sulla strage del treno Italicus il giudice afferma testualmente che è lecito ipotizzare che il servizio fosse già informato della imminente strage. Infatti tutto ciò dimostra l’analisi dei provati contatti tra il Sid, la P2 e il gruppo eversivo Toscano.
Sogno e il “golpe bianco”
Il saggio del giudice Giovanni Tamburino rivolge la propria attenzione al golpe bianco di Edgardo Sogno che per certi versi sintetizza alcuni aspetti rilevanti della strategia della tensione: di fede monarchica, massone e soprattutto legato ai servizi di sicurezza anglo -americani. Un altro aspetto di estrema rilevanza è quello relativo ai finanziamenti che furono dati a Sogno e a Cavallo dalla Fiat e dall’unione industriale di Torino. Quanto rilevante fosse questo personaggio, all’interno della strategia della tensione, lo si può evincere anche dal fatto che il golpe bianco da lui progettato si sarebbe dovuto realizzare con la collaborazione del comandante della divisione dei carabinieri Pastrengo di Milano, con il comandante della legione carabinieri di Roma, con quello della brigata paracadutisti di Livorno, con quello della divisione Folgore e con i capi di Stato maggiore della marina e dell’areonautica. Legami questi che dimostrano in modo incontrovertibile la legittimazione istituzionale della Guerra non ortodossa contro il comunismo.
L’attentato di Bologna
Passando al saggio di Vito Zincani sulla strage della stazione di Bologna ancora una volta dalle indagini poste in essere emergono in modo evidente non solo le responsabilità gravissime dei più alti livelli dei servizi segreti e degli apparati informativi che furono ritenuti responsabili sia di operazioni di inquinamento delle indagini sia di vere e proprie operazioni depistaggio ; altrettanto gravi furono le responsabilità di Gelli, di Francesco Pazienza collaboratore guarda caso del SISMI, del generale dei carabinieri Musumeci considerati i mandanti della strage. In definitiva il ruolo dei servizi fu determinante poiché ad essi fu affidata la gestione delle operazioni sporche e cioè il reclutamento e il controllo di persona destinate a operare all’interno delle formazioni terroristiche, il collegamento tra terrorismo e la criminalità organizzata e la gestione di traffici e operazioni finanziarie(pag.180).
Per quanto concerne il saggio di Giulio Turone relativo alla P2 e alla destra eversiva uno degli aspetti di maggiore rilevanza è relativo a Francesco Pazienza agente di influenza americano che de facto diresse il SISMI condizionando le scelte di Santovito.
Infine, il saggio di Claudio Nunziata, è significativo per i nostri scopi non solo perché sottolinea il ruolo dell’ndrangheta nella fuga di Franco Freda, ma anche il ruolo della banda Vallanzasca in relazione alla strage di Bologna e di Giulio Andreotti quale principale responsabile di una struttura di intelligence occulta denominata Anello che svolgeva un ruolo di addestramento, di supporto logistico di fornitura di strumenti operativi nei confronti del mondo neofascista. Un altro aspetto relativo agli stretti legami con la criminalità organizzata posto in essere dall’autore è il seguente: durante il finto sequestro di Michele Sindona si mossero gli esponenti della famiglia mafiosa siculo-americana dei Gambino, un’ulteriore prova questa degli intrecci tra logge massoniche, servizi segreti italiani e stranieri e criminalità organizzata.
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