“Lo Stato e la guerra” di Krippendorf – La Grande Guerra
La prima guerra mondiale è il tema d’analisi del quarto capitolo dello studio di Giuseppe Gagliano su “Lo Stato e la guerra”, la maggiore opera di Ekkehart Krippendorf.
Uno dei motivi di maggior interesse degli studiosi verso la Prima Guerra Mondiale, soprattutto nel secondo dopoguerra, risiede nel fatto che la guerra del 1914-1918 sia stata il frutto del fallimento di politiche di deterrenza fra le grandi potenze, politiche che anche in seguito verranno adottate durante la Guerra Fredda, in un contesto reso ancora più delicato dal possesso da parte dei principali attori internazionali (USA e URSS) di arsenali atomici.
Capire perché tali politiche fossero fallite, nel 1914, ed i motivi per cui i principali attori statali siano scivolati quasi inconsapevolmente dentro il Primo Conflitto totale divenne pertanto un interrogativo, carico di significati attuali, per i ricercatori. Alla vigilia della Grande Guerra, l’accumulazione di materiale bellico era da osservatori qualificati come Norman Angell – considerato il miglior modo per scongiurare un conflitto o comunque renderlo altamente improbabile. Nel 1899, il pubblicista russo, Ivan S. Bloch, scrisse un libro in sei volumi, in cui affermava che “in una guerra mondiale, a causa degli sviluppi tecnologici e delle connessioni reciproche, intercorrenti fra le nazioni industriali, il vincitore avrebbe sofferto altrettanti danni quanto il vinto, ed il risultato finale sarebbe stato il crollo di tutti gli ordini sociali.” L’opera era stata tradotta in varie lingue ed aveva avuto una larga diffusione anche all’interno delle classi dirigenti internazionali (sembra l’avesse letta anche lo zar, il quale aveva poi avuto dei colloqui privati con l’autore). Questa illusione rese le potenze di allora quasi cieche di fronte al fatto che l’accumulazione di materiale esplosivo, di eserciti e di flotte potevano minacciare la sicurezza proprio delle Nazioni, che le accumulavano. In questo contesto, l’analisi internazionale più valida fu quella formulata da Lenin.
Krippendorff tuttavia, se accetta l’idea che la guerra fosse anche “la continuazione degli interessi economici della concorrenza con mezzi bellici (in quanto non discutibile sarebbe l’ampia simbiosi tra calcolo economico e politica di potenza in atto, alla fine del XIX secolo), rende le proprie conclusioni più radicali: la guerra non sarebbe stata solo il frutto dello stadio imperialistico, cui era arrivato il capitalismo dell’epoca, ma più in generale della politica statale.
Che la deterrenza, basata sul riarmo accresca piuttosto che diminuire i rischi di un conflitto armato è – secondo Krippendorf – sufficientemente dimostrato dal caso della crisi di Cuba del 1962.
4 – Continua
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